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Borrelli a Reggio Calabria: l’insediamento dell’uomo, non della toga

Borrelli a Reggio Calabria: l’insediamento dell’uomo, non della toga

Editoriale di Luigi Palamara cronista che conosce il vento del Sud



In Calabria esistono luoghi che sembrano fatti per inghiottire le parole, i gesti e perfino gli uomini. Reggio Calabria è uno di questi. Non perché manchi il coraggio, ma perché da troppo tempo il coraggio da solo non basta.

Giuseppe Borrelli, nuovo Procuratore della Repubblica, è atterrato nella punta dello Stivale come si atterra su un campo minato. E non si tratta di retorica: là dove la ’ndrangheta ha intrecciato la politica ai cantieri, i tribunali agli appalti, e perfino la paura al silenzio, il magistrato non è più solo un funzionario. È un bersaglio o, nei casi migliori, un simbolo.

E Borrelli, a differenza di molti colleghi, sparsi in Italia, addomesticati al linguaggio felpato degli incarichi, non si presenta come una comparsa. Anzi. Le sue prime parole, lo confesso, mi hanno ricordato quelle di chi scende in guerra sapendo che potrebbe perdere. “Una terra piena di potenzialità, frenata dal crimine mafioso, dalla ndrangheta.” Frasi semplici, certo. Ma chi conosce il peso delle parole sa che in Calabria anche le ovvietà sono atti di sfida.

Non è un uomo che ama la passerella. Non è il magistrato mediatico da titoloni e interviste taroccate. Viene da Salerno, ma è cresciuto a pane, codice penale e indagini scomode tra Catanzaro e Napoli, dove la camorra non fa sconti e i colletti bianchi si travestono da benefattori.

A Reggio, però, non troverà un solo nemico. Ne troverà dieci. La mafia non è solo nei bunker, come ancora si racconta nei romanzi d’occasione. È nei corridoi degli assessorati, nei parcheggi riservati ai “consulenti”, nei festival della legalità dove a parlare di giustizia sono quelli che la giustizia l’hanno tradita cento volte.

Ma Borrelli — e qui viene il punto — non è un ingenuo. È un uomo che conosce il meccanismo e non si aspetta di cambiarlo in sei mesi. Sa che il tempo dei blitz epocali e delle procure show è finito. L'antimafia vera non si grida: si lavora. Con lentezza, solitudine e rischio. E forse proprio per questo, il suo arrivo non fa notizia tra i notabili. Fa paura.

La storia d’Italia è un cortile dove si cambia padrone senza cambiare le regole”. Ma la Calabria non è un cortile. È un altare laico dove molti magistrati hanno lasciato il sangue, e troppi politici hanno lasciato l'onore.

E allora ben venga Borrelli, non come salvatore, ché di quelli ne abbiamo già troppi, ma come uomo tra gli uomini, che non chiede consenso ma verità. Se riuscirà a restare se stesso — e sarà dura — allora forse potremo tornare a sperare che la giustizia, anche qui, possa essere qualcosa di più della ruota di scorta dello Stato.

Luigi Palamara Tutti I diritti riservati

Il video integrale della Cerimonia di questa mattina 30 luglio 2025 con tutti gli  interventi e le interviste.

Ci scusiamo se a volte l'audio non è  ottimale

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@luigi.palamara Reggio Calabriadell’uomo, non della toga Editoriale di Luigi Palamara cronista che conosce il vento del Sud In Calabria esistono luoghi che sembrano fatti per inghiottire le parole, i gesti e perfino gli uomini. Reggio Calabria è uno di questi. Non perché manchi il coraggio, ma perché da troppo tempo il coraggio da solo non basta. Giuseppe Borrelli, nuovo Procuratore della Repubblica, è atterrato nella punta dello Stivale come si atterra su un campo minato. E non si tratta di retorica: là dove la ’ndrangheta ha intrecciato la politica ai cantieri, i tribunali agli appalti, e perfino la paura al silenzio, il magistrato non è più solo un funzionario. È un bersaglio o, nei casi migliori, un simbolo. E Borrelli, a differenza di molti colleghi, sparsi in Italia, addomesticati al linguaggio felpato degli incarichi, non si presenta come una comparsa. Anzi. Le sue prime parole, lo confesso, mi hanno ricordato quelle di chi scende in guerra sapendo che potrebbe perdere. “Una terra piena di potenzialità, frenata dal crimine mafioso, dalla ndrangheta. ” Frasi semplici, certo. Ma chi conosce il peso delle parole sa che in Calabria anche le ovvietà sono atti di sfida. Non è un uomo che ama la passerella. Non è il magistrato mediatico da titoloni e interviste taroccate. Viene da Salerno, ma è cresciuto a pane, codice penale e indagini scomode tra Catanzaro e Napoli, dove la camorra non fa sconti e i colletti bianchi si travestono da benefattori. A Reggio, però, non troverà un solo nemico. Ne troverà dieci. La mafia non è solo nei bunker, come ancora si racconta nei romanzi d’occasione. È nei corridoi degli assessorati, nei parcheggi riservati ai “consulenti”, nei festival della legalità dove a parlare di giustizia sono quelli che la giustizia l’hanno tradita cento volte. Ma Borrelli — e qui viene il punto — non è un ingenuo. È un uomo che conosce il meccanismo e non si aspetta di cambiarlo in sei mesi. Sa che il tempo dei blitz epocali e delle procure show è finito. L'antimafia vera non si grida: si lavora. Con lentezza, solitudine e rischio. E forse proprio per questo, il suo arrivo non fa notizia tra i notabili. Fa paura. “La storia d’Italia è un cortile dove si cambia padrone senza cambiare le regole”. Ma la Calabria non è un cortile. È un altare laico dove molti magistrati hanno lasciato il sangue, e troppi politici hanno lasciato l'onore. E allora ben venga Borrelli, non come salvatore, ché di quelli ne abbiamo già troppi, ma come uomo tra gli uomini, che non chiede consenso ma verità. Se riuscirà a restare se stesso — e sarà dura — allora forse potremo tornare a sperare che la giustizia, anche qui, possa essere qualcosa di più della ruota di scorta dello Stato. Luigi Palamara Tutti I diritti riservati Il video integrale della Cerimania di questa mattina 30 luglio 2025 con tutti gli interventi e le interviste. Ci scusiamo se a volte l'audio non è ottimale #reggiocalabria #giuseppeborrelli #procura #giuseppelombardo #editoriale #luigipalamara #palamaraluigi #luispal #luipal #lupa ♬ suono originale - Luigi Palamara

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