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Feel Aspromonte: il marketing della speranza nel deserto della politica

Feel Aspromonte: il marketing della speranza nel deserto della politica
Editoriale di Luigi Palamara


C’è un borgo, Sant’Alessio in Aspromonte, che si ostina a voler vivere. Ostinazione, sì. Perché oggi — in Calabria — voler restare in un paese abbarbicato sulle montagne, senza ospedale, senza trasporti, con un prefetto a chilometri di distanza e con un assessore regionale troppo occupato a inaugurare convegni sul nulla, è già di per sé un atto rivoluzionario.

Ed è proprio da qui che parte il progetto Feel Aspromonte, un’iniziativa che — almeno sulla carta — prova a sovvertire il destino scritto a colpi di spopolamento, incuria e vergogna amministrativa. Un piano ambizioso: trasformare un piccolo centro dimenticato in un “brand”. Creare un’identità, raccontare storie, vendere autenticità a chi, magari da Milano o da Berlino, ha voglia di “esperienze”. C’è di mezzo il web, il QR code, la realtà aumentata, la mappa interattiva. Tutto bello. Tutto moderno.

Ma la domanda vera, quella che brucia, è una sola: basterà un logo ben disegnato a salvare una terra tradita da decenni?

Perché poi, se scendiamo dalla mappa interattiva alla realtà vera — quella che non è aumentata, ma dimezzata — vediamo altro. Vediamo ospedali chiusi. Vediamo ragazzi che scappano. Vediamo malati che gridano, come Sergio e Sabina, inascoltati. Vediamo milioni spesi in consulenze fumose e impiegati imboscati, mentre l’assistenza domiciliare viene razionata come il pane nel dopoguerra.

E allora ci chiediamo: cos’è oggi Feel Aspromonte? Una rinascita o una foglia di fico?

Perché se da una parte c’è una comunità che vuole raccontarsi e costruire dal basso una nuova narrazione, dall’altra ci sono le stesse istituzioni che fingono di sostenere il territorio, mentre ne prosciugano la linfa vitale. Si finanziano i progetti, ma si lasciano marcire le persone. Si promuove il territorio, ma si negano i diritti. Si celebra la montagna, ma si lasciano soli gli abitanti.

Durante la conferenza stampa tenuta al Museo Nazionale Archeologico di Reggio Calabria, la presentazione ufficiale del progetto ha visto la partecipazione del Sindaco di Sant’Alessio in Aspromonte, Francesco Marra, del suo Assessore Giuseppe Romeo, dell’Assessore regionale al turismo Giovanni Calabrese e dell’On. Francesco Cannizzaro. Una presenza istituzionale forte, significativa. E, per una volta, non solo di facciata.

Ci sono tutti gli ingredienti per far bene. E, forse, finalmente, per voltare pagina. Per far brillare questi piccoli borghi — destinati da troppo tempo a spegnersi nel silenzio — di una luce propria. In un contesto di sinergia a tutto tondo, dove enti locali, cittadini e istituzioni regionali si ritrovano, fianco a fianco, a costruire non solo un’offerta turistica, ma una vera comunità.

Perché questo è il punto. Questo dovrebbe essere il cuore pulsante di Feel Aspromonte: ricostruire comunità. Ricucire strappi. Rianimare la speranza.

Perché da soli si muore. Lentamente, ma inesorabilmente la luce si spegne.
E oggi, mentre l’Italia si interroga su dove stia andando, l’Aspromonte si aggrappa a un progetto che potrebbe essere molto più di una trovata di marketing: potrebbe essere una dichiarazione d’amore per il proprio territorio.

La verità, signori, è che la Calabria non ha bisogno solo di storytelling. Ha bisogno di giustizia. Di ospedali funzionanti. Di medici presenti. Di amministratori che smettano di scappare.

Il problema non è l’immagine dell’Aspromonte, ma la sostanza.
Non è la narrazione, ma la manutenzione morale di un’intera regione.

E se Feel Aspromonte sarà davvero un seme buono, dovrà fare di più che attrarre turisti: dovrà aiutare i suoi cittadini a non sentirsi più stranieri a casa propria.

Fino ad allora, il rischio è quello che, detto con feroce onestà: vendere la bellezza di un luogo mentre si calpesta la dignità di chi ci abita.

E questo, prima ancora che uno spreco di fondi, è un insulto alla verità.
Un insulto che sa di cipressi più che di ulivi.
Un insulto che nessuna realtà aumentata potrà mai rendere meno amaro.

Io sto con Sant'Alessio in Aspromonte e il suo FeelAspromonte.

Luigi Palamara

@luigi.palamara

Feel Aspromonte: il marketing della speranza nel deserto della politica Editoriale di Luigi Palamara C’è un borgo, Sant’Alessio in Aspromonte, che si ostina a voler vivere. Ostinazione, sì. Perché oggi — in Calabria — voler restare in un paese abbarbicato sulle montagne, senza ospedale, senza trasporti, con un prefetto a chilometri di distanza e con un assessore regionale troppo occupato a inaugurare convegni sul nulla, è già di per sé un atto rivoluzionario. Ed è proprio da qui che parte il progetto Feel Aspromonte, un’iniziativa che — almeno sulla carta — prova a sovvertire il destino scritto a colpi di spopolamento, incuria e vergogna amministrativa. Un piano ambizioso: trasformare un piccolo centro dimenticato in un “brand”. Creare un’identità, raccontare storie, vendere autenticità a chi, magari da Milano o da Berlino, ha voglia di “esperienze”. C’è di mezzo il web, il QR code, la realtà aumentata, la mappa interattiva. Tutto bello. Tutto moderno. Ma la domanda vera, quella che brucia, è una sola: basterà un logo ben disegnato a salvare una terra tradita da decenni? Perché poi, se scendiamo dalla mappa interattiva alla realtà vera — quella che non è aumentata, ma dimezzata — vediamo altro. Vediamo ospedali chiusi. Vediamo ragazzi che scappano. Vediamo malati che gridano, come Sergio e Sabina, inascoltati. Vediamo milioni spesi in consulenze fumose e impiegati imboscati, mentre l’assistenza domiciliare viene razionata come il pane nel dopoguerra. E allora ci chiediamo: cos’è oggi Feel Aspromonte? Una rinascita o una foglia di fico? Perché se da una parte c’è una comunità che vuole raccontarsi e costruire dal basso una nuova narrazione, dall’altra ci sono le stesse istituzioni che fingono di sostenere il territorio, mentre ne prosciugano la linfa vitale. Si finanziano i progetti, ma si lasciano marcire le persone. Si promuove il territorio, ma si negano i diritti. Si celebra la montagna, ma si lasciano soli gli abitanti. Durante la conferenza stampa tenuta al Museo Nazionale Archeologico di Reggio Calabria, la presentazione ufficiale del progetto ha visto la partecipazione del Sindaco di Sant’Alessio in Aspromonte, Francesco Marra, del suo Assessore Giuseppe Romeo, dell’Assessore regionale al turismo Giovanni Calabrese e dell’On. Francesco Cannizzaro. Una presenza istituzionale forte, significativa. E, per una volta, non solo di facciata. Ci sono tutti gli ingredienti per far bene. E, forse, finalmente, per voltare pagina. Per far brillare questi piccoli borghi — destinati da troppo tempo a spegnersi nel silenzio — di una luce propria. In un contesto di sinergia a tutto tondo, dove enti locali, cittadini e istituzioni regionali si ritrovano, fianco a fianco, a costruire non solo un’offerta turistica, ma una vera comunità. Perché questo è il punto. Questo dovrebbe essere il cuore pulsante di Feel Aspromonte: ricostruire comunità. Ricucire strappi. Rianimare la speranza. Perché da soli si muore. Lentamente, ma inesorabilmente la luce si spegne. E oggi, mentre l’Italia si interroga su dove stia andando, l’Aspromonte si aggrappa a un progetto che potrebbe essere molto più di una trovata di marketing: potrebbe essere una dichiarazione d’amore per il proprio territorio. La verità, signori, è che la Calabria non ha bisogno solo di storytelling. Ha bisogno di giustizia. Di ospedali funzionanti. Di medici presenti. Di amministratori che smettano di scappare. Il problema non è l’immagine dell’Aspromonte, ma la sostanza. Non è la narrazione, ma la manutenzione morale di un’intera regione. E se Feel Aspromonte sarà davvero un seme buono, dovrà fare di più che attrarre turisti: dovrà aiutare i suoi cittadini a non sentirsi più stranieri a casa propria. Fino ad allora, il rischio è quello che, detto con feroce onestà: vendere la bellezza di un luogo mentre si calpesta la dignità di chi ci abita. E questo, prima ancora che uno spreco di fondi, è un insulto alla verità. Un insulto che sa di cipressi più che di ulivi. Un insu

♬ suono originale - Luigi Palamara

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