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Il pavido prezzemolino di ogni minestra nella sua espressione peggiore.

Ipocriti in tonaca di moralità: la peste del nostro tempo. Il prezzemolino di ogni minestra nella sua espressione peggiore.

Editoriale di Luigi Palamara


Esiste (sopravvive da parassita) un tipo umano, oggi più che mai prolifico, che predica dal pulpito della pubblica opinione con l'arroganza del giusto e la sicumera del santo. Non importa se il pulpito sia reale o digitale: ogni giorno, a reti unificate o dietro profili sociali tanto puliti quanto ipocriti, si ergono a giudici coloro che dovrebbero tacere per decenza, se non per vergogna.

Pontificano, sì, come se la moralità fosse una carica elettiva e loro fossero stati scelti da Dio per guidare le masse. Eppure dietro quell’aria da brave persone si nasconde la marcescenza più inquietante: cattiveria, invidia, viltà. MALIGNITÀ, scritta in maiuscolo come certe sentenze di condanna emesse senza processo.

Sono incapaci perfino di assumersi la responsabilità delle proprie accuse. Pavidi. Vili. Non hanno nemmeno il coraggio di fare nomi. Preferiscono l’allusione velenosa, il sospetto sparso come seme di gramigna tra i solchi dell’opinione pubblica. Questo è il loro mestiere: insinuare, mai affrontare.

Ma c'è una legge, antica quanto la tragedia greca, che questi signori dimenticano: la legge del contrappasso. Chi augura la morte agli altri, chi vive di odio e di maldicenza, presto si troverà a ricevere le stesse pulsioni oscure che ha seminato. E non sarà metafora, sarà realtà. Prima o poi, a bussare alla porta non sarà il successo, ma la nemesi.

Perché c’è gente che porta sfortuna non solo per caso, ma per vocazione. Ed è contagiosa. Chi si avvicina a loro, chi ne condivide parole, pensieri, rancori, ne esce lordato. Come chi si rotola nella melma e pretende poi di sembrare immacolato.

È facile riconoscerli: parlano tanto, sanno poco. Si ammantano di una cultura che non hanno mai posseduto, sperando che il fruscio delle parole colmi il vuoto delle idee. Sono una schifezza umana travestita da moralità. L’ignoranza con il megafono. L’autoreferenzialità fatta carne.

Evitateli. Evitateli come si evitano le pesti, le guerre, le malattie infettive. Perché sono questo: infezioni dello spirito. E chi si unisce a loro, chi li difende, chi ride alle loro battute acide, è merda come loro.

Non è questione di stile. È questione di sopravvivenza morale.

Luigi Palamara

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