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Carta Straccia, libertà preziosa

Carta straccia, libertà preziosa
Editoriale di Luigi Palamara


Arriva un momento, nella vita di chi scrive o dipinge, in cui il silenzio non è più una scelta di eleganza, ma una condanna.
Lasciar correre, non rispondere, fingere che certe insinuazioni rimbalzino come acqua sul marmo... può sembrare saggezza. E talvolta lo è. Ma c’è un limite oltre il quale il silenzio diventa complicità. Diventa quell’alzata di spalle che i furbi interpretano come resa: “Ma sì, lasciamoli sfogare…”.

No, grazie.

La libertà di parola, la libertà di espressione — quella vera, scomoda, che non cerca l’applauso ma scava, urla, espone — dà ancora fastidio. E quando lo fa, significa che sta facendo bene il suo mestiere. Perché chi crea, chi osa, chi mette a nudo le verità più scomode, prima o poi finisce nel mirino di chi ha costruito attorno a sé un comodo castello di omertà e potere presunto.

Io ci cammino, su quella strada. La strada che non si inginocchia. La strada che osa alzare la voce quando tutti sussurrano. E sì, ne sono convinto: è la strada giusta. Perché quando iniziano a voler screditare non solo le tue idee, ma la tua onestà intellettuale, la tua credibilità, significa che sei entrato nel vivo. Significa che li hai colpiti.

Scrivo e dipingo. Due forme di comunicazione che non impongono, non obbligano. Ma attraggono, come un profumo nell’aria che non puoi ignorare.
In un mondo dove tutti parlano, pochi ascoltano. Dove tutti postano, pochi leggono. E dove molti si improvvisano artisti, ma pochissimi sanno emozionare con una frase, con una sfumatura, con un silenzio tra due parole.

Quando accade — quando l’arte tocca davvero, quando chi guarda smette di scrollare e comincia a sentire — allora succede qualcosa. Un piccolo miracolo.
Ed è lì, puntuale, che si muovono quelli che prima ti ignoravano. Quelli che non hanno mai letto una riga, ma oggi sentono il dovere di spiegarti cosa sbagli. Quelli che non hanno mai dato valore alla tua arte, ma ora si sentono minacciati. E allora provano a mettere il guinzaglio all’espressione, la bava alla voce.

Peccato: l’arte non si addomestica.
E la libertà, quella vera, non chiede il permesso.

Questo è “Carta Straccia”.
Un titolo provocatorio? Certo. Ma dentro, la sostanza. Che piaccia o no.
Io non cerco il consenso. Cerco lettori. Non l’imparzialità sterile, ma l’opinione viva. Non amici, ma occhi capaci di osservare. E se qualcuno non lo capisce, o è in malafede, o ha ancora molto da studiare.

Il mondo è pieno di chi scrive e dipinge.
Ognuno scelga il proprio orizzonte.

Io ho scelto il mio: un mondo fatto di colori che raccontano la vita, affondano nelle emozioni e respirano il profumo, ancora scandaloso, della libertà.


Io scrivo, dipingo… ma non perché fa figo su Instagram! Non per postare la foto con la luce calda e il filtro “intellettuale in crisi”!

No!

Io scrivo perché se non lo faccio esplodo come una pentola a pressione dimenticata sul fuoco! Io dipingo perché le parole, a volte, non bastano, e allora ci vuole il colore! Ci vuole il blu, il rosso, il viola incazzato, il giallo esaurito!

E poi arriva lui… quello che non ti ha mai letto, ma ti spiega come devi scrivere.

Quello che non ha mai visto un tuo quadro, ma ti dice che il blu era meglio più chiaro.

Quello che non ti ha mai ascoltato, ma ha capito tutto. Eh sì! È come se un astemio ti spiegasse come si fa il vino. Fantastico!

E quando tu gli dici: “Guarda, questa è la mia libertà, mica la tua.”

Lui si offende.

Dice: “Ah, ma così non accetti il confronto!”

Ma quale confronto?! Questo non è un confronto, è un’aggressione verbale con retrogusto d’ignoranza!

Signori, io non cerco applausi.

Non cerco follower, fan, pollici alzati o cuoricini rossi che si illuminano sullo schermo.

Io cerco lettori. Umani. Pensanti. Che leggano con gli occhi ma anche con la pelle.

Io cerco gente che non sbircia, ma che guarda. Che non scrolla, ma che resta.

E sapete come si chiama tutto questo?

Carta Straccia.

Sì, avete capito bene! Carta! Quella che si strappa, si stropiccia, si getta via!

Ma attenzione! Perché questa carta, questa mia carta straccia, ha denti! Morde!

E se per qualcuno è immondizia, per altri è ossigeno. È libertà d'inchiostro!

È poesia con la tosse!

È arte col mal di pancia!

Quindi, se non vi piace… va benissimo!

Ma non venitemi a dire come dovrei essere. Io ho scelto la mia strada.

E quella strada non ha marciapiedi. Ha fango, buche, arcobaleni e, ogni tanto, anche una bestemmia detta con amore!

E non mi fermo.

Neanche se mi ci mettete davanti con la segnaletica luminosa.

Perché la libertà — e che Dio ce la conservi — è una signora che cammina scalza, spettinata, e ride.

E chi non la capisce…

…ha bisogno di un bel disegno. Con i pastelli. E un po’ d’ironia.

Luigi Palamara

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