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Il Ponte sullo Stretto e il ponte invisibile della rete. In 24 ore superato il milione di visualizzazioni.

Il Ponte sullo Stretto e il ponte invisibile della rete
L'Editoriale di Luigi Palamara
Un milione di visualizzazioni in un giorno. Per qualcuno è solo un numero, un algoritmo ben oliato, un giochino da social. Ma dietro quel numero c’è una notizia — e dietro la notizia c’è un Paese intero che guarda, ascolta, commenta, si infiamma.

Un’intervista, apparentemente come tante: un giornalista, Luigi Palamara, e un uomo delle istituzioni, Vincenzo Saccà, già sindaco di Sant’Eufemia d’Aspromonte, che dice la sua sul Ponte sullo Stretto. Basta questo per incendiare la rete, per far vibrare la corda invisibile che unisce uno smartphone di Milano a un computer di Sydney.

La rete — oggi più che mai — è il vero caffè della piazza, il giornale murale di un’Italia senza piazze e senza muri, ma con un’ansia costante di parlare e farsi sentire. Non conosce confini, e proprio per questo trasforma ogni parola in una potenziale miccia. Un pensiero partito dalla punta estrema della Calabria, srotolato come una pergamena digitale, è arrivato ai salotti di Roma e alle scrivanie di Bruxelles.

Non c’è più il tempo lento del dibattito parlamentare o della pagina scritta che deve essere distribuita all’alba: qui il giudizio, la passione, l’insulto e l’applauso arrivano in tempo reale. Migliaia di commenti, decine di migliaia di “mi piace”. La rete non dimentica, ma soprattutto non aspetta. È un tribunale popolare senza orari di udienza, dove ogni voce può farsi sentire e ogni silenzio pesa come una condanna.

Ecco perché quell’intervista non è solo un fatto di costume digitale. È il segnale di un’Italia che vive e decide anche — e sempre di più — su queste piattaforme. La politica non è più confinata nei palazzi: si fa qui, nei feed, negli algoritmi che premiano ciò che emoziona, divide, galvanizza.

Quella che abbiamo pubblicato, su CartaStaccia.News, non era che un antipasto. Lì fuori c’è fame di parole e di verità. Se il buongiorno si vede dal mattino, prepariamoci a una lunga, incandescente giornata.

In fondo, la rete non costruisce ponti di cemento: costruisce ponti di parole. Alcuni reggono il peso della verità, altri crollano sotto quello delle menzogne. Ma sono ponti sui quali, volenti o nolenti, passiamo tutti. E sarebbe bene imparare a guardare dove mettiamo i piedi.

Luigi Palamara
Reggio Calabria 15 agosto 2025
Tutti i diritti riservati
@luigi.palamara Il ponte di Salvini: sogno di acciaio o "fuffa" di Stato? L'INTERVISTA A VINCENZO SACCÀ GIÀ SINDACO DI SANT'EUFEMIA D'ASPROMONTE Penale da 1,5 miliardi se non si costruisce. Un paradosso che non ha eguali negli appalti pubblici. "In Italia siamo capaci di tutto. Persino di pagare un miliardo e mezzo per non costruire un ponte. Il ponte sullo Stretto non unisce ancora Sicilia e Calabria, ma ha già legato mani e tasche dello Stato. E in testa al corteo, tra slogan e magliette di Putin, c’è Matteo Salvini: il ministro dei cantieri immaginari." "Il ponte sullo Stretto non è un’opera: è una scommessa d’azzardo giocata con i soldi degli italiani. E a puntare le fiches più grosse è Matteo Salvini, il ministro che cambia idea come cambia maglietta: oggi ‘Sì ponte’, ieri Putin. Ma qui non si gioca a poker: qui si rischia di regalare un miliardo e mezzo per un’opera che potrebbe restare solo un disegno su carta." Un sogno sospeso sullo Stretto Per qualcuno il ponte è il simbolo di un’Italia che osa. Per altri, un incubo di cemento e propaganda. Per lo Stato, è già una certezza: miliardi di euro impegnati, prima ancora di vedere un bullone. Non parlo da geologo né da ingegnere. Non contesto la sfida tecnologica: l’uomo deve puntare in alto. Ma un conto è costruire, un conto è costruire con chi. Salvini, il venditore di slogan Matteo Salvini è il capo cordata. Lo stesso che un tempo indossava la maglietta di Putin — “meglio un Putin di quattro Mattarella” — insultando non solo il Capo dello Stato, ma la Repubblica intera. Lo stesso che, da ministro, chiedeva “pieni poteri” in spiaggia, accusava cittadini in diretta TV, prometteva l’abolizione della Fornero e poi aumentava l’età pensionabile. Un leader così, alla guida di un’opera da decine di miliardi, è come affidare una Ferrari a chi ha appena preso la patente… su YouTube. La cordata degli “affidabili” Attorno a lui, nomi che non rassicurano: Pietro Ciucci, burocrate di Stato che da capo dell’ANAS ha accumulato scuse tecniche e progetti fantasma. Denis Verdini, suocero di Salvini, nome che evoca processi e manovre di corridoio. Pietro Lunardi, ex ministro e imprenditore delle grandi opere. Un cocktail di interessi, amicizie e precedenti discutibili. Una miscela esplosiva. Il colpo di teatro: la penale da 1,5 miliardi Ecco il vero paradosso: se il ponte non si farà, l’Italia dovrà pagare 1 miliardo e mezzo di euro di penale alla ditta appaltatrice. Un’opera fantasma che costerebbe come un’opera vera. In qualsiasi appalto serio, chi non realizza paga. Qui, invece, si premia chi non costruisce. Una beffa che fa impallidire anche la peggior commedia all’italiana. Il rischio di un disastro annunciato Sessantamila operai stipati a Villa San Giovanni, ventimila auto al giorno, cantieri che paralizzano la viabilità e un progetto definitivo che ancora non esiste. Il tutto condito da proclami da campagna elettorale: “si parte subito”. Se il copione non cambia, il ponte sullo Stretto sarà ricordato non come il sogno di un secolo, ma come la più grande truffa infrastrutturale della storia italiana. Un ponte che, invece di unire, rischia di seppellire sotto acciaio e debiti la speranza del Sud. Eppure, a guardare lo Stretto nelle giornate di vento, si capisce perché il ponte seduca. È l’illusione di domare il mare, di cucire due terre che si guardano senza toccarsi. Ma il Sud conosce bene il peso delle promesse tradite: qui le grandi opere nascono nei comizi e muoiono nei faldoni. Se la storia si ripeterà, resteranno solo cantieri arrugginiti, polvere e la certezza che, ancora una volta, il sogno di unire è servito solo a dividere. In fondo, gli italiani non sono contro il ponte. Sono contro il conto. Luigi Palamara Tutti i diritti riservati Reggio Calabria 13 agosto 2025 #vincenzosaccà #podcast #luigipalamara #reggiocalabria #pontesullostretto ♬ suono originale - Luigi Palamara
@luigi.palamara Il ponte di Salvini: sogno di acciaio o "fuffa" di Stato? L'INTERVISTA A VINCENZO SACCÀ GIÀ SINDACO DI SANT'EUFEMIA D'ASPROMONTE Penale da 1,5 miliardi se non si costruisce. Un paradosso che non ha eguali negli appalti pubblici. "In Italia siamo capaci di tutto. Persino di pagare un miliardo e mezzo per non costruire un ponte. Il ponte sullo Stretto non unisce ancora Sicilia e Calabria, ma ha già legato mani e tasche dello Stato. E in testa al corteo, tra slogan e magliette di Putin, c’è Matteo Salvini: il ministro dei cantieri immaginari." "Il ponte sullo Stretto non è un’opera: è una scommessa d’azzardo giocata con i soldi degli italiani. E a puntare le fiches più grosse è Matteo Salvini, il ministro che cambia idea come cambia maglietta: oggi ‘Sì ponte’, ieri Putin. Ma qui non si gioca a poker: qui si rischia di regalare un miliardo e mezzo per un’opera che potrebbe restare solo un disegno su carta." Un sogno sospeso sullo Stretto Per qualcuno il ponte è il simbolo di un’Italia che osa. Per altri, un incubo di cemento e propaganda. Per lo Stato, è già una certezza: miliardi di euro impegnati, prima ancora di vedere un bullone. Non parlo da geologo né da ingegnere. Non contesto la sfida tecnologica: l’uomo deve puntare in alto. Ma un conto è costruire, un conto è costruire con chi. Salvini, il venditore di slogan Matteo Salvini è il capo cordata. Lo stesso che un tempo indossava la maglietta di Putin — “meglio un Putin di quattro Mattarella” — insultando non solo il Capo dello Stato, ma la Repubblica intera. Lo stesso che, da ministro, chiedeva “pieni poteri” in spiaggia, accusava cittadini in diretta TV, prometteva l’abolizione della Fornero e poi aumentava l’età pensionabile. Un leader così, alla guida di un’opera da decine di miliardi, è come affidare una Ferrari a chi ha appena preso la patente… su YouTube. La cordata degli “affidabili” Attorno a lui, nomi che non rassicurano: Pietro Ciucci, burocrate di Stato che da capo dell’ANAS ha accumulato scuse tecniche e progetti fantasma. Denis Verdini, suocero di Salvini, nome che evoca processi e manovre di corridoio. Pietro Lunardi, ex ministro e imprenditore delle grandi opere. Un cocktail di interessi, amicizie e precedenti discutibili. Una miscela esplosiva. Il colpo di teatro: la penale da 1,5 miliardi Ecco il vero paradosso: se il ponte non si farà, l’Italia dovrà pagare 1 miliardo e mezzo di euro di penale alla ditta appaltatrice. Un’opera fantasma che costerebbe come un’opera vera. In qualsiasi appalto serio, chi non realizza paga. Qui, invece, si premia chi non costruisce. Una beffa che fa impallidire anche la peggior commedia all’italiana. Il rischio di un disastro annunciato Sessantamila operai stipati a Villa San Giovanni, ventimila auto al giorno, cantieri che paralizzano la viabilità e un progetto definitivo che ancora non esiste. Il tutto condito da proclami da campagna elettorale: “si parte subito”. Se il copione non cambia, il ponte sullo Stretto sarà ricordato non come il sogno di un secolo, ma come la più grande truffa infrastrutturale della storia italiana. Un ponte che, invece di unire, rischia di seppellire sotto acciaio e debiti la speranza del Sud. Eppure, a guardare lo Stretto nelle giornate di vento, si capisce perché il ponte seduca. È l’illusione di domare il mare, di cucire due terre che si guardano senza toccarsi. Ma il Sud conosce bene il peso delle promesse tradite: qui le grandi opere nascono nei comizi e muoiono nei faldoni. Se la storia si ripeterà, resteranno solo cantieri arrugginiti, polvere e la certezza che, ancora una volta, il sogno di unire è servito solo a dividere. In fondo, gli italiani non sono contro il ponte. Sono contro il conto. Luigi Palamara Tutti i diritti riservati Reggio Calabria 13 agosto 2025 #vincenzosaccà #podcast #luigipalamara #reggiocalabria #pontesullostretto ♬ suono originale - Luigi Palamara
@luigi.palamara Il ponte di Salvini: sogno di acciaio o "fuffa" di Stato? L'INTERVISTA A VINCENZO SACCÀ GIÀ SINDACO DI SANT'EUFEMIA D'ASPROMONTE Penale da 1,5 miliardi se non si costruisce. Un paradosso che non ha eguali negli appalti pubblici. "In Italia siamo capaci di tutto. Persino di pagare un miliardo e mezzo per non costruire un ponte. Il ponte sullo Stretto non unisce ancora Sicilia e Calabria, ma ha già legato mani e tasche dello Stato. E in testa al corteo, tra slogan e magliette di Putin, c’è Matteo Salvini: il ministro dei cantieri immaginari." "Il ponte sullo Stretto non è un’opera: è una scommessa d’azzardo giocata con i soldi degli italiani. E a puntare le fiches più grosse è Matteo Salvini, il ministro che cambia idea come cambia maglietta: oggi ‘Sì ponte’, ieri Putin. Ma qui non si gioca a poker: qui si rischia di regalare un miliardo e mezzo per un’opera che potrebbe restare solo un disegno su carta." Un sogno sospeso sullo Stretto Per qualcuno il ponte è il simbolo di un’Italia che osa. Per altri, un incubo di cemento e propaganda. Per lo Stato, è già una certezza: miliardi di euro impegnati, prima ancora di vedere un bullone. Non parlo da geologo né da ingegnere. Non contesto la sfida tecnologica: l’uomo deve puntare in alto. Ma un conto è costruire, un conto è costruire con chi. Salvini, il venditore di slogan Matteo Salvini è il capo cordata. Lo stesso che un tempo indossava la maglietta di Putin — “meglio un Putin di quattro Mattarella” — insultando non solo il Capo dello Stato, ma la Repubblica intera. Lo stesso che, da ministro, chiedeva “pieni poteri” in spiaggia, accusava cittadini in diretta TV, prometteva l’abolizione della Fornero e poi aumentava l’età pensionabile. Un leader così, alla guida di un’opera da decine di miliardi, è come affidare una Ferrari a chi ha appena preso la patente… su YouTube. La cordata degli “affidabili” Attorno a lui, nomi che non rassicurano: Pietro Ciucci, burocrate di Stato che da capo dell’ANAS ha accumulato scuse tecniche e progetti fantasma. Denis Verdini, suocero di Salvini, nome che evoca processi e manovre di corridoio. Pietro Lunardi, ex ministro e imprenditore delle grandi opere. Un cocktail di interessi, amicizie e precedenti discutibili. Una miscela esplosiva. Il colpo di teatro: la penale da 1,5 miliardi Ecco il vero paradosso: se il ponte non si farà, l’Italia dovrà pagare 1 miliardo e mezzo di euro di penale alla ditta appaltatrice. Un’opera fantasma che costerebbe come un’opera vera. In qualsiasi appalto serio, chi non realizza paga. Qui, invece, si premia chi non costruisce. Una beffa che fa impallidire anche la peggior commedia all’italiana. Il rischio di un disastro annunciato Sessantamila operai stipati a Villa San Giovanni, ventimila auto al giorno, cantieri che paralizzano la viabilità e un progetto definitivo che ancora non esiste. Il tutto condito da proclami da campagna elettorale: “si parte subito”. Se il copione non cambia, il ponte sullo Stretto sarà ricordato non come il sogno di un secolo, ma come la più grande truffa infrastrutturale della storia italiana. Un ponte che, invece di unire, rischia di seppellire sotto acciaio e debiti la speranza del Sud. Eppure, a guardare lo Stretto nelle giornate di vento, si capisce perché il ponte seduca. È l’illusione di domare il mare, di cucire due terre che si guardano senza toccarsi. Ma il Sud conosce bene il peso delle promesse tradite: qui le grandi opere nascono nei comizi e muoiono nei faldoni. Se la storia si ripeterà, resteranno solo cantieri arrugginiti, polvere e la certezza che, ancora una volta, il sogno di unire è servito solo a dividere. In fondo, gli italiani non sono contro il ponte. Sono contro il conto. Luigi Palamara Tutti i diritti riservati Reggio Calabria 13 agosto 2025 #vincenzosaccà #podcast #luigipalamara #reggiocalabria #pontesullostretto ♬ suono originale - Luigi Palamara

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