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La Calabria dei colori eterni

La Calabria dei colori eterni
L'Editoriale di Luigi Palamara


La Calabria. La Jonica. La Locride. L’Aspromonte. Nomi che evocano asprezza e dolcezza insieme. Monti che si tuffano nel mare come antichi titani stanchi, spiagge che ancora conservano il mistero delle colonie greche, paesi che resistono alla dimenticanza come vecchi soldati dimenticati in trincea.

È terra multietnica, certo. Ma guai a ridurre questa parola a un cliché delle mode contemporanee. Qui la diversità non è solo nei tratti del volto o nei cognomi che raccontano dominazioni bizantine, arabe, normanne. È nei colori dei frutti, nei rossi che ardono come sangue nei melograni, nei verdi cupi degli ulivi che sembrano pensare da millenni, nel giallo ostinato dei limoni. Una diversità che non si mostra, ma si impone. Che non si esibisce, ma ti guarda e ti interroga.

Eppure tutto questo non basta. Non basta la bellezza, non basta il sole, non basta la promessa di eternità che ti colpisce quando al tramonto l’Aspromonte si veste di viola. Perché dietro questi colori, dietro questa poesia, resta la ferita mai chiusa di una terra che troppo spesso ha dimenticato se stessa o è stata tradita da chi avrebbe dovuto servirla.

La Calabria è una terra che vive di malinconia, di nostalgia di ciò che avrebbe potuto essere. È un luogo che genera uomini costretti a partire e a guardare la propria patria come un sogno che li perseguita. Qui i colori non cambiano mai, dice il popolo, e hanno ragione: sono eterni. Cambia invece lo sguardo, cambia il cuore di chi li osserva. E non sempre il cuore è pronto a reggere tanta bellezza.

E allora il problema non è nei colori né nei frutti, ma nella coscienza collettiva. I principi, come i colori, sono immutabili: libertà, giustizia, comunità. Ciò che muta è la disposizione d’animo, la capacità di saperli vivere insieme. E qui sta la sfida della Calabria: non tradire se stessa, non lasciare che i suoi figli vedano solo l’asprezza senza riconoscere la grazia, non ridurre i colori a cartolina turistica.

Il sole, quando vuole, dipinge capolavori. In Calabria lo fa ogni giorno. Ma il vero capolavoro, quello che ancora manca, sarebbe vedere questi colori riflessi negli occhi di chi resta e non solo in quelli di chi parte.

Ecco, la Calabria è questa: un capolavoro di Dio e un disastro degli uomini. Una terra che avrebbe tutto per essere ricca e felice, e che invece continua a vivere come una regina in esilio: piena di ori e di tesori, ma senza corte. I colori restano, eterni e splendidi. Il problema, semmai, è che spesso mancano gli occhi capaci di vederli.

Luigi Palamara Tutti I diritti riservati Reggio Calabria 17 agosto 2025
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