L’ombra lunga di Peppe Scopelliti

L’ombra lunga di Peppe Scopelliti.
L'Editoriale di Luigi Palamara


Ci sono uomini che la politica non riesce a seppellire. Li si può condannare nei tribunali, li si può cacciare dalle stanze del potere, ma restano vivi nella memoria della gente. Peppe Scopelliti è uno di questi. Lo incontri sul Corso Garibaldi e non vedi un ex, vedi ancora il sindaco, il presidente, l’uomo che ha guidato una città e una regione. Intorno a lui si stringono abbracci e sorrisi, come se il tempo non avesse consumato nulla.

Io sono libero”, scrive nel suo libro. Libero sì, ma non nel senso che intendono i codici: libero perché non ha più bisogno di dimostrare nulla. Ogni giorno vince, dice lui stesso, quando la gente lo ferma per chiedergli di tornare. E ha ragione: la vera politica non si misura nelle urne, ma nello sguardo di chi non ti abbandona.

Eppure, dietro la sua voce pacata, dietro l’ammissione che non si ricandiderà, vibra il richiamo della foresta. Lo avverte lui per primo, lo sentono i suoi amici, lo temono i suoi avversari. Perché Scopelliti non governa più, ma tira le fila. Non si presenta, ma orienta. Non appare, ma decide. È questa la sua forza: un potere che non si vede, ma che tutti percepiscono.

C’è, in questa storia, qualcosa di profondamente calabrese. La caduta e la resurrezione, la fedeltà della gente al proprio leader, il bisogno di riconoscersi in un volto anche quando quel volto è stato ferito. È la stessa Calabria che si svuota, che manda via i suoi figli e resta orfana, ma che continua a trattenere nel cuore gli uomini che l’hanno rappresentata.

E qui sta la lezione: il potere non è un titolo, è un prestigio. Nessuno può credere davvero alla sua rinuncia, perché la politica è un veleno che non si espelle. Oggi si vede in Scopelliti il destino di un uomo della sua terra: caduto, marchiato, ma sempre vivo, come una montagna che veglia sul mare.

Peppe Scopelliti oggi non siede più sul trono. Ma la sua ombra sì, e la politica calabrese continua a farci i conti.

Scopelliti dice che non tornerà in politica. E forse è vero. Ma in Calabria non serve candidarsi per contare: basta esserci. E lui c’è. Gli altri lo sanno, e infatti lo evitano. Perché discutere con Peppe Scopelliti non significa vincere: significa perdere con certezza.

Luigi Palamara Tutti i diritti riservati Reggio Calabria 27 agosto 2025.

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@luigi.palamara L’ombra lunga di Peppe Scopelliti L'Editoriale di Luigi Palamara Ci sono uomini che la politica non riesce a seppellire. Li si può condannare nei tribunali, li si può cacciare dalle stanze del potere, ma restano vivi nella memoria della gente. Peppe Scopelliti è uno di questi. Lo incontri sul Corso Garibaldi e non vedi un ex, vedi ancora il sindaco, il presidente, l’uomo che ha guidato una città e una regione. Intorno a lui si stringono abbracci e sorrisi, come se il tempo non avesse consumato nulla. “Io sono libero”, scrive nel suo libro. Libero sì, ma non nel senso che intendono i codici: libero perché non ha più bisogno di dimostrare nulla. Ogni giorno vince, dice lui stesso, quando la gente lo ferma per chiedergli di tornare. E ha ragione: la vera politica non si misura nelle urne, ma nello sguardo di chi non ti abbandona. Eppure, dietro la sua voce pacata, dietro l’ammissione che non si ricandiderà, vibra il richiamo della foresta. Lo avverte lui per primo, lo sentono i suoi amici, lo temono i suoi avversari. Perché Scopelliti non governa più, ma tira le fila. Non si presenta, ma orienta. Non appare, ma decide. È questa la sua forza: un potere che non si vede, ma che tutti percepiscono. C’è, in questa storia, qualcosa di profondamente calabrese. La caduta e la resurrezione, la fedeltà della gente al proprio leader, il bisogno di riconoscersi in un volto anche quando quel volto è stato ferito. È la stessa Calabria che si svuota, che manda via i suoi figli e resta orfana, ma che continua a trattenere nel cuore gli uomini che l’hanno rappresentata. E qui sta la lezione: il potere non è un titolo, è un prestigio. Nessuno può credere davvero alla sua rinuncia, perché la politica è un veleno che non si espelle. Oggi si vede in Scopelliti il destino di un uomo della sua terra: caduto, marchiato, ma sempre vivo, come una montagna che veglia sul mare. Peppe Scopelliti oggi non siede più sul trono. Ma la sua ombra sì, e la politica calabrese continua a farci i conti. Scopelliti dice che non tornerà in politica. E forse è vero. Ma in Calabria non serve candidarsi per contare: basta esserci. E lui c’è. Gli altri lo sanno, e infatti lo evitano. Perché discutere con Peppe Scopelliti non significa vincere: significa perdere con certezza. Luigi Palamara Tutti i diritti riservati Reggio Calabria 27 agosto 2025 #giuseppescopelliti #reggiocalabria #calabria #politica #luigipalamara ♬ suono originale - Luigi Palamara

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