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Roccaforte del Greco: il silenzio di un paese che si lascia morire

Roccaforte del Greco: il silenzio di un paese che si lascia morire
L'Editoriale di Luigi Palamara


Passeggiare oggi per Roccaforte del Greco è un esercizio di dolore. Le strade raccontano più della voce degli uomini: erbacce al posto dei passi, mura sbrecciate al posto dei ricordi, una desolazione che non consola. Persino i profumi antichi della montagna e degli ulivi sembrano traditi da ciò che l’occhio registra: il paese non respira più, sopravvive a se stesso come un corpo senza polso.

E poi, l’oltraggio. La chiesa dello Spirito Santo, “la Cresia”, cuore identitario di generazioni, ridotta a un relitto. Non una pietra sacra ferita dal tempo, ma uno sfregio accettato, digerito nell’indifferenza. Una chiesa che giace così al centro del paese è come un altare profanato: segna il punto esatto in cui una comunità smette di essere tale. Gaza è lontana, ma il parallelo con le sue macerie non è azzardo: qui non c’è la furia della guerra, ma la guerra silenziosa dell’abbandono.

Non si tratta solo di religione, ma di civiltà. Perché dove muore il rispetto del sacro, muore anche l’anima laica di un popolo. Dove si lascia crollare la casa comune — la chiesa, la piazza, il campo sportivo che un tempo rimbombava di voci e ora è discarica — lì non resta che il deserto.

Ma non illudetevi, paesani: la colpa non è di un nemico venuto da fuori. Non sono “gli altri” a devastarvi: siete voi, che avete visto e taciuto, che avete abbassato lo sguardo mentre la dignità se ne andava in frantumi. Eppure ancora un margine resta: riprendervi il paese, difenderlo dal nulla che avanza. Cacciare chi ha mostrato incapacità, ma soprattutto rialzare la schiena, voi stessi, con l’orgoglio che un tempo vi faceva comunità.

Se continuerete a fingere di non vedere, Roccaforte non avrà nemici da accusare: avrà solo il proprio specchio. E allora sì, sarete già morti, lentamente, come un corpo che non oppone resistenza alla febbre.
Chi non custodisce la propria chiesa non perde solo la fede: perde l’onore di dirsi figlio di quel luogo.

Roccaforte non è stata distrutta da terremoti, guerre o carestie. È stata distrutta da voi. Con la vostra indifferenza, con la vostra capacità di girarvi dall’altra parte, con la vostra vigliaccheria di non chiamare le cose col loro nome. Le pietre della chiesa non sono crollate: siete stati voi a lasciarle marcire. E un paese che tollera la rovina del suo simbolo più sacro non merita che il suo stesso destino: quello di scomparire, lentamente, senza rumore, sepolto non dal tempo ma dalla propria ignavia.

Luigi Palamara Tutti i diritti riservati Roccaforte del Greco ( Reggio Calabria) 21 agosto 2025

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