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Skibidi Boppy e la solitudine della politica seria. Giuseppe Falcomatà dixit.

Skibidi Boppy e la solitudine della politica seria
Editoriale di Luigi Palamara


In un Paese in cui la politica ha smarrito il lessico della serietà, in cui la parola è stata barattata con l’algoritmo, e il pensiero lungo sacrificato all’istantaneità di un trend social, arriva dal profondo Sud, da Reggio Calabria, una voce che tenta — tra il tragico e il grottesco — di ricondurre il dibattito alla realtà. Lo fa il sindaco Giuseppe Falcomatà, e lo fa con un lessico che pare uscito da un cortocircuito tra Gramsci e TikTok. Eppure, è nella confusione del linguaggio che si nasconde il malessere autentico del nostro tempo.

> “Oggi siamo di fronte alla politica dello skibidi boppy“.

Lo dice in Consiglio comunale del 31 luglio 2025. Lo dice con una frase che farebbe impallidire un editorialista e sorridere un adolescente. Ma Falcomatà non è un comico, né un influencer: è un amministratore, il Sindaco. E se un amministratore sente il bisogno di spiegare la crisi dell’opposizione ricorrendo a una frase nata su TikTok, il problema non è nella sua scelta lessicale: è nella politica che lo circonda. Una politica ridotta a balletto, a intercalare nonsense, a esibizione del nulla.

> “Non riescono a completare… l’amministrazione non riesce e skibidi boppy, c’è la spazzatura perché l’amministrazione e… skibidi boppy siamo di fronte a questo. Una minoranza dovrebbe approfondire, entrare nel merito. E scappano, noi rimaniamo e diamo risposte”.

Si può ridere. Si può ironizzare. Ma nella reiterazione infantile del “skibidi boppy” c’è una radiografia più onesta di molte analisi paludate: Falcomatà racconta un’opposizione che urla e scappa, che accusa senza proporre, che ha trasformato la democrazia da processo deliberativo a riflesso condizionato da algoritmo. È una denuncia che fa il verso ai meme, ma che contiene una disperazione antica, quasi alvaresca: quella di chi resta nella polvere della propria terra, mentre gli altri fuggono — per viltà o per convenienza.

Corrado Alvaro scriveva: “La disperazione più grave che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere rettamente sia inutile”. Ecco, oggi chi prova ad amministrare senza urla, chi tenta di rispondere con i fatti invece che con il teatro, viene deriso o ignorato. Ma Falcomatà, paradossalmente, usa lo stesso linguaggio degli adolescenti proprio per provare a risvegliarli. Per dire: guardate, questo è il livello. Vi piace?

Personalmente sorrido amaramente: “La politica è sangue, sudore e grammatica. Non emoticon e frasi fatte”. Eppure devo ammettere che, se il linguaggio di una generazione è TikTok, allora forse è su quel campo che va combattuta la battaglia delle idee.

Reggio Calabria, con i suoi rifiuti, le sue emergenze, e i suoi paradossi, diventa oggi metafora nazionale. Il vero skibidi boppy, quello che dovrebbe farci tremare, non è quello del sindaco: è quello delle opposizioni e dei cittadini che si rifiutano di entrare nel merito, che ballano e fuggono.

Falcomatà, nel suo paradosso, ci ha detto la verità più dura: la politica oggi è diventata intrattenimento. Ma amministrare è restare. Con tutta la fatica, la solitudine e il ridicolo che questo comporta.

E allora, tra le macerie del discorso pubblico, mentre tutti si affannano a correre dietro all’ultimo trend, forse vale la pena fermarsi, respirare, e restare. Anche se fa meno like. Anche se fa skibidi boppy.

Luigi Palamara
Bagaladi 2 agosto 2025

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@luigi.palamara Skibidi Boppy e la solitudine della politica seria Editoriale di Luigi Palamara In un Paese in cui la politica ha smarrito il lessico della serietà, in cui la parola è stata barattata con l’algoritmo, e il pensiero lungo sacrificato all’istantaneità di un trend social, arriva dal profondo Sud, da Reggio Calabria, una voce che tenta — tra il tragico e il grottesco — di ricondurre il dibattito alla realtà. Lo fa il sindaco Giuseppe Falcomatà, e lo fa con un lessico che pare uscito da un cortocircuito tra Gramsci e TikTok. Eppure, è nella confusione del linguaggio che si nasconde il malessere autentico del nostro tempo. > “Oggi siamo di fronte alla politica dello skibidi boppy“. Lo dice in Consiglio comunale del 31 luglio 2025. Lo dice con una frase che farebbe impallidire un editorialista e sorridere un adolescente. Ma Falcomatà non è un comico, né un influencer: è un amministratore, il Sindaco. E se un amministratore sente il bisogno di spiegare la crisi dell’opposizione ricorrendo a una frase nata su TikTok, il problema non è nella sua scelta lessicale: è nella politica che lo circonda. Una politica ridotta a balletto, a intercalare nonsense, a esibizione del nulla. > “Non riescono a completare… l’amministrazione non riesce e skibidi boppy, c’è la spazzatura perché l’amministrazione e… skibidi boppy siamo di fronte a questo. Una minoranza dovrebbe approfondire, entrare nel merito. E scappano, noi rimaniamo e diamo risposte”. Si può ridere. Si può ironizzare. Ma nella reiterazione infantile del “skibidi boppy” c’è una radiografia più onesta di molte analisi paludate: Falcomatà racconta un’opposizione che urla e scappa, che accusa senza proporre, che ha trasformato la democrazia da processo deliberativo a riflesso condizionato da algoritmo. È una denuncia che fa il verso ai meme, ma che contiene una disperazione antica, quasi alvaresca: quella di chi resta nella polvere della propria terra, mentre gli altri fuggono — per viltà o per convenienza. Corrado Alvaro scriveva: “La disperazione più grave che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere rettamente sia inutile”. Ecco, oggi chi prova ad amministrare senza urla, chi tenta di rispondere con i fatti invece che con il teatro, viene deriso o ignorato. Ma Falcomatà, paradossalmente, usa lo stesso linguaggio degli adolescenti proprio per provare a risvegliarli. Per dire: guardate, questo è il livello. Vi piace? Personalmente sorrido amaramente: “La politica è sangue, sudore e grammatica. Non emoticon e frasi fatte”. Eppure devo ammettere che, se il linguaggio di una generazione è TikTok, allora forse è su quel campo che va combattuta la battaglia delle idee. Reggio Calabria, con i suoi rifiuti, le sue emergenze, e i suoi paradossi, diventa oggi metafora nazionale. Il vero skibidi boppy, quello che dovrebbe farci tremare, non è quello del sindaco: è quello delle opposizioni e dei cittadini che si rifiutano di entrare nel merito, che ballano e fuggono. Falcomatà, nel suo paradosso, ci ha detto la verità più dura: la politica oggi è diventata intrattenimento. Ma amministrare è restare. Con tutta la fatica, la solitudine e il ridicolo che questo comporta. E allora, tra le macerie del discorso pubblico, mentre tutti si affannano a correre dietro all’ultimo trend, forse vale la pena fermarsi, respirare, e restare. Anche se fa meno like. Anche se fa skibidi boppy. Luigi Palamara Bagaladi 2 agosto 2025 #skibidiboppy #politica #giuseppefalcomatà #reggiocalabria #luigipalamara #palamaraluigi #luispal #luipal #lupa #editoriale ♬ suono originale - Luigi Palamara

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