Calabria, smetti di delegare: il potere è nella matita.
L'Editoriale di Luigi Palamara
C’è un paradosso che puntualmente si ripresenta ogni volta che la Calabria è chiamata al voto: la politica decide tutto, ma i calabresi fanno di tutto per decidere poco. Alle urne ci va meno della metà degli aventi diritto. Una rassegnazione collettiva che non è protesta: è complicità. Perché non votare significa regalare il potere a quei pacchetti di voti clientelari che si muovono puntuali come un orologio svizzero.
Tra cinque giorni scadrà il termine per la presentazione delle liste alle regionali. Sarà l’ennesimo rito stanco o l’occasione per dimostrare che il Sud non è soltanto zavorra? Io credo che si possa — anzi, che si debba — rovesciare il tavolo. Arrivare al 70, all’80 per cento di partecipazione. Perché solo allora la politica smetterà di essere appalto privato di pochi e tornerà ad essere bene comune.
Lo ripeto da giornalista: non mi interessa convincervi a votare per questo o quell’altro candidato. Ho le mie opinioni, e non me ne vergogno. Non sono una macchina neutrale che scodella comunicati stampa. Chi mi segue lo sa: scrivo con la mia testa e parlo con la mia voce, che piaccia o no. La notizia resta sacra e la racconto per quella che è, ma l’analisi è mia, e guai a chi pretende di imbavagliarla.
E qui un chiarimento: la libertà di parola non è libertà di insulto. Non confondiamo il diritto di critica con il diritto di diffamare. Perché diffamare non è un’opinione: è vigliaccheria. E la vigliaccheria, come la maleducazione, ha un costo — anche giudiziario.
Quello che chiedo, semmai, è un esercizio di civiltà. Leggete, dissentite, scrivete la vostra. Non perdete tempo a smontare me: costruite voi. La mia voce è una, le vostre sono mille. È questo lo spirito del progetto che sto per avviare: Radar, un podcast che non sarà vetrina di slogan, ma laboratorio di confronto. Intervisterò chiunque, da Occhiuto a Tridico, senza timori reverenziali e senza sconti. Non per darvi verità, ma per darvi strumenti.
Io stesso qualche volta non ho votato: errore che oggi riconosco. Non votare non è protesta, è resa. È cedere ad altri la chiave di casa. Dire “sono tutti corrotti” non è un atto rivoluzionario, è un alibi comodo. Tra i tanti lestofanti, sempre qualcuno che merita c’è. Cercatelo, trovatelo, premiatelo. Oppure rassegnatevi a farvi governare da chi non vi rappresenta.
La politica è sporca? Certo. Ma è anche il motore della collettività. Se stacchi la spina, il motore si rompe e a pagare sei tu. La vera protesta non è l’astensione: è la partecipazione di massa. Andare a votare tutti, e poi pretendere, controllare, rompere le scatole a chi governa — che lo si sia scelto o no.
Questo è il punto: votare ti dà il diritto di esigere. Non votare ti condanna a subire.
Calabria, hai davanti una scelta. Continuare a essere la regione dell’astensionismo e del fatalismo, o diventare l’esempio che l’Italia non si aspetta: un popolo che vota in massa e dimostra che non si è arreso. Io, da giornalista, farò la mia parte. Ora tocca a voi.
E allora, cari calabresi, mettetevelo bene in testa: il voto non è un favore che fate a un politico. È un atto di dignità che fate a voi stessi. Se non lo esercitate, non lamentatevi domani delle scelte altrui. Sarete stati voi i primi a consegnargli le chiavi.
Luigi Palamara Tutti I diritti riservati Reggio Calabria 1 settembre 2025
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