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I fischi della pochezza

I fischi della pochezza.

L'Editoriale di Luigi Palamara


C’è un limite a tutto. Anche all’inciviltà mascherata da libertà d’espressione. Al Granillo, durante una serata che avrebbe dovuto celebrare la memoria e la bellezza del calcio italiano, qualcuno ha pensato bene di umiliarci non con l’arguzia, non con la critica, ma con il gesto più sterile e vile: il fischio.

Il bersaglio? Gianni Infantino, presidente della Fifa, cittadino onorario di Reggio Calabria da pochi giorni. Un figlio di questa terra che, con la sola presenza, ci stava regalando visibilità e onore. Fischiato da chi? Da quattro deficienti in cerca di palco, da qualche imbecille che scambia l’arena dello stadio Oreste Granillo per un porcile.

Non è dissenso: è sputo. Non è coraggio: è frustrazione. È la pochezza di chi non ha altro linguaggio che il rumore sgraziato di un fischio. Che vale meno di nulla, perché non sporca chi lo riceve: insozza chi lo emette.

E allora diciamolo chiaro. Questi signori non meritano né il Granillo, né il calcio, né la compagnia delle persone civili. Se vogliono fischiare, lo facciano allo specchio. Se vogliono sputare, lo facciano in faccia a sé stessi.

Gianni Infantino merita rispetto. E noi, come città, meritiamo di essere rappresentati dal meglio, non dal peggio che si annida tra le curve.

Perché, vedete, un popolo non lo si giudica dai suoi campioni, ma da chi li fischia. E su questo, Reggio, abbiamo ancora molto da imparare.

Luigi Palamara Tutti i diritti riservati Reggio Calabria 8 settembre 2025

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