Il Vangelo secondo Pasqualina: la Calabria è il paradiso, e guai a chi dubita

Il Vangelo secondo Pasqualina: la Calabria è il paradiso, e guai a chi dubita
L'Editoriale di Luigi Palamara


Pare che in Calabria non crescano più solo bergamotti e ‘ndrine, ma anche i tuttologi di provincia, in versione istituzionale. Ultima fioritura: Pasqualina Straface, consigliera regionale con l’ugola sempre carica e il verbo pronto a farsi verbo divino. La signora Straface, a sentire lei stessa, ha finalmente ribaltato secoli di sfortuna e di cliché: la Calabria non è più terra di emigrazione, disoccupazione e malaffare, bensì un parco giochi di turismo, sviluppo e posti di lavoro. Miracolo! Non di San Francesco di Paola, ma di Forza Italia con Occhiuto in veste di taumaturgo.

Naturalmente, chi osa anche solo alzare un sopracciglio rischia di essere bollato come menagramo, disfattista, rosicone. Il Partito Democratico, ci avverte Pasqualina, soffre di “rodimento”. Il rodimento, dice, è la prova provata che “loro” hanno perso e “noi” abbiamo vinto. E il ragionamento fila… come un treno regionale calabrese: cioè non fila affatto.

Ma il punto non è questo. Il punto è la mania — assai diffusa da Roma in giù, ma che in Calabria raggiunge vette di lirismo — di vendere ogni buca rattoppata e ogni cartellone turistico come fosse la conquista della Luna. Una spiaggia pulita? Ecco l’“effetto Occhiuto”. Un agriturismo che apre? “Nuovo modello di sviluppo”. Due ragazzi assunti a chiamata? “Occupazione stabile”. Sembra quasi che la Calabria sia già la nuova Svizzera, solo con più sole e meno orologi.

Che poi, cara Pasqualina, se davvero la Calabria non torna indietro, viene spontaneo chiedersi: indietro rispetto a cosa? Al tempo in cui le risorse pubbliche “si buttavano a mare”? E oggi, invece, cosa si fa? Si buttano a mare i proclami, forse, inondando la gente di slogan, mentre i calabresi continuano a imbarcarsi per Milano e Londra in cerca di quello sviluppo che qui rimane soprattutto in PowerPoint.

Ma Pasqualina non dubita, non vacilla, non ammette sfumature. Lei sola ha il Verbo, e chi osa contraddirla va subito iscritto al club degli invidiosi. Una maestrina col ditino alzato, con l’aggravante di parlare come se stesse dettando un comunicato di propaganda anni ’50. L’unica differenza è che al posto del “Sole dell’Avvenire” ci racconta del “Sole della Sibaritide”.

Pasqualina Straface, la voce squillante del trionfo calabrese, dovrebbe forse imparare la più antica delle arti politiche: quella del silenzio. Perché la Calabria, se davvero vuole parlare bene di sé, non ha bisogno di prediche. Ha bisogno di fatti. E i fatti, si sa, fanno meno rumore delle chiacchiere.

Luigi Palamara
Tutti i diritti riservati
Reggio Calabria 26 settembre 2025

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