La Calabria tra realtà e “occhiutaggine”
L'Editoriale di Luigi Palamara
C’è un filo sottile, eppure robusto come l’acciaio, che divide la verità dalla propaganda. Ed è su quel filo che Roberto Occhiuto cammina – o meglio barcolla – ormai da anni, col passo malfermo di chi ha perso il senso dell’equilibrio.
Da presidente della Regione Calabria, aveva il compito di ridare fiato a una terra che muore di abbandono, malasanità, emigrazione giovanile e lavoro che non c’è. Il risultato? Una regione più vicina al baratro che alla rinascita. Ospedali che restano cattedrali nel deserto, medici e infermieri ridotti allo stremo, cittadini che smettono di curarsi perché curarsi è diventato un lusso. Giovani costretti a fuggire come mai prima. Risorse pubbliche divorate da sprechi, autoreferenzialità e una narrazione tossica che pretende di trasformare il disastro in “visione”.
Ora Occhiuto si ripresenta, ricandidato, e lo fa sparando a zero su una proposta – quella di Pasquale Tridico, il reddito di dignità – che almeno ha il merito di mettere al centro i bisogni reali delle persone. “La Calabria non ha bisogno di assistenzialismo”, proclama con aria solenne. Certo, parole giuste sulla carta. Ma pronunciate da chi ha governato e lasciato irrisolto tutto ciò che oggi rende questa terra ingovernabile, suonano come una presa in giro.
Occhiuto parla di “Calabria straordinaria”, di una regione che deve mostrarsi diversa, libera dall’ombra della ’ndrangheta, attrattiva per imprese e investimenti. Belle frasi da metaverso politico, degne di un discorso motivazionale su LinkedIn. Ma intanto i calabresi, quelli veri, continuano a convivere con ospedali chiusi, liste d’attesa infinite, rifiuti che ritornano puntuali come maledizioni, strade che si sgretolano. Parlare di “riforme” e “baracconi chiusi” non basta, se la vita quotidiana resta una lotta di sopravvivenza.
La politica non si giudica dai discorsi ma dalle liste d'attesa per una visita medica. “Ma lei, presidente, ci vive qui, nella Calabria che descrive? Va in coda al pronto soccorso come gli altri? Vede i ragazzi partire con un biglietto di sola andata?”
La verità è che Occhiuto continua a rifugiarsi in quella che potremmo chiamare “occhiutaggine”: la convinzione cieca di essere indispensabile, la narrazione autoreferenziale che cancella il dolore dei calabresi per sostituirlo con un racconto edulcorato e patinato. Ma la realtà – spietata, tangibile, implacabile – lo smentisce ogni giorno.
E allora, prima di parlare di redditi, dignità e risorse straordinarie, sarebbe il caso che il presidente dimissionario guardasse in faccia i calabresi. Quelli che hanno smesso di curarsi. Quelli che non hanno più un lavoro. Quelli che non possono più aspettare.
Luigi Palamara
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Reggio Calabria 24 settembre 2025
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