La cauzione di Salvini e il gioco delle tre carte

La cauzione di Salvini e il gioco delle tre carte
L'Editoriale di Luigi Palamara 

Questa è una furbizia tutta italiana nel gettare sul tavolo una proposta che, a sentirla la prima volta, fa dire al cittadino: “Ma sì, in fondo ha ragione”. È il caso della Lega e della sua idea di imporre una cauzione a chi organizza manifestazioni, per risarcire eventuali danni a cose e persone. Apparentemente logico, apparentemente giusto. Ma, come sempre, il diavolo abita nella coda.

Diciamo invece che siamo davanti all’ennesimo stratagemma da baraccone: un provvedimento concepito non per risolvere i problemi, ma per comprare consenso tra chi ha paura delle piazze. Un bel modo per imbavagliare la protesta senza nemmeno vietarla: la rendi semplicemente troppo costosa. Una tassa sulla libertà, ecco cos’è.

E per alzare il tono:Non prendiamoci in giro!”. Se davvero vogliamo giocare a chi deve pagare i danni, allora cominciamo dai palazzi del potere. Perché se un corteo lascia qualche vetrina in frantumi, un governo incapace lascia in macerie un intero Paese. E allora, caro Salvini, che cauzione dovrebbe versare un ministro, prima di sedere al suo scranno? Chi garantisce per le sue scelte scellerate, le sue leggi inutili, le sue promesse non mantenute?

La verità è che nessuna banca metterebbe mai una firma per coprire i danni della politica. Non esiste capitale abbastanza grande da risarcire decenni di corruzione, sprechi, clientele. Non basterebbero le casseforti di tutte le finanziarie del mondo a mettere in sicurezza l’Italia dai suoi governanti.

E allora sì, ben venga il principio di responsabilità. Ma sia uguale per tutti. Perché chiedere una cauzione ai cittadini che scendono in piazza, e non a chi occupa i ministeri, è l’ennesimo gioco delle tre carte: la colpa è sempre del popolo, mai del potere.

Luigi Palamara 
Tutti i diritti riservati 
Reggio Calabria 23 settembre 2025

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