"La vera pressione è la fame, non il tennis" Jannik Sinner

"La vera pressione è la fame, non il tennis"
Sinner e la lezione che l’Italia non vuole ascoltare
L'Editoriale di Luigi Palamara


La frase è semplice, quasi banale. Ma come tutte le verità elementari, spacca la faccia come uno schiaffo: «La vera pressione è non sapere se riuscirai a sfamare i tuoi figli. La vera pressione è vivere con la paura che un razzo possa piombarti in casa da un momento all’altro. Giocare a tennis? Quello non è un peso, è un dono».

Jannik Sinner, ragazzo di ventitré anni, con la stessa naturalezza con cui manda la pallina oltre la rete, ha ricordato all’Italia intera che la scala dei valori esiste ancora, e non coincide con il chiacchiericcio televisivo, i social, le lamentele di calciatori milionari e starlette convinte che il mondo giri intorno al loro capriccio.

In un Paese che si consuma tra “ansie da prestazione” e vittimismo di lusso, ci voleva un tennista per riportare le cose al loro posto: la pressione vera è quella della fame, della guerra, della miseria. Non il braccino tremante su un match point.

Eppure, le parole di Sinner sembrano venire da un mondo lontano, quello dove gli uomini vivevano sapendo che ogni giorno era una conquista, e che la povertà non era un’astrazione statistica ma la faccia dura della vita. È il mondo delle campagne dimenticate, dei paesi silenziosi dell’Aspromonte e delle montagne del Sudtirolo, dove il pane era misurato e la paura bussava alla porta con la stessa regolarità del vento.

È un pensiero che stride con la retorica morbida e zuccherosa del nostro tempo, dove tutto deve essere “compreso”, “normalizzato”, “giustificato”. E invece no. Sinner, senza saperlo, si è infilato nella vecchia tradizione di chi sa distinguere la tragedia dalla farsa. Ha ricordato che la vita è fatta di proporzioni, di scale, di realtà che ti abbattono senza chiedere permesso.

E allora, sì: giocare a tennis è un privilegio. Come lo è scrivere un libro, dirigere un giornale, discutere di politica. Tutti doni di un mondo libero e pacifico, dove nessuno ti tira addosso una bomba mentre sei a tavola. Ma privilegio significa anche responsabilità: quella di non dimenticare chi resta indietro, chi continua a vivere nel silenzio della povertà, invisibile eppure presente accanto a noi.

Bisognerebbe rileggerlo ogni mattina, quel pensiero del ragazzo di San Candido. Perché se un campione che ha il mondo ai suoi piedi riesce a dire che la vera pressione è sfamare i propri figli, allora vuol dire che sotto la superficie del successo resiste ancora una verità antica, quella che i nostri padri conoscevano bene: l’uomo vale per ciò che sopporta, non per ciò che ostenta.

Luigi Palamara
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Reggio Calabria, 25 settembre 2025

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