Povera Calabria, costretta ad ascoltare i monologhi di Occhiuto invece di avere risposte

Povera Calabria, costretta ad ascoltare i monologhi di Occhiuto invece di avere risposte
L'Editoriale di Luigi Palamara


Esiste (e per alcuni non esiste più) un’arte antica, che oggi sembra dimenticata: quella dell’intervista. Non è un rito da passerella, non è un salotto in cui uno parla e l’altro annuisce. È un corpo a corpo, uno scontro di intelligenze, una resa dei conti. L’intervista vera pretende domande, pretende il rischio della verità.

E invece assistiamo, in Calabria, a uno spettacolo grottesco: interviste senza domande. Il governatore Occhiuto che si concede al microfono come un attore al suo monologo, senza contraddittorio, senza quella voce critica che dovrebbe scalfire la superficie della propaganda. È uno squallore che non offende solo il giornalismo – già martoriato – ma la dignità dei cittadini, che hanno diritto a sapere e non a subire.

Chi accetta questo gioco si presta a una farsa: il potere che parla con se stesso, il cronista che si riduce a comparsa, il pubblico trattato da suddito. È la caricatura della democrazia.

Per questo il mio invito al confronto diretto, alla vera intervista, non è un capriccio polemico. È la richiesta minima di civiltà: guardarsi in faccia, mettere sul tavolo le domande scomode, accettare che la verità non è mai un proclama ma un terreno accidentato.

La Calabria, terra bellissima e ferita, non merita questa presa in giro. Non merita passerelle di cartapesta né proclami a reti unificate. Merita chiarezza, merita coraggio, merita rispetto.

E chi governa, se davvero è convinto della sua forza, non tema le domande: perché il silenzio compiacente non è consenso. È solo paura.

Luigi Palamara
Tutti i diritti riservati
Reggio Calabria 18 settembre 2025

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