Si nasce soli, si muore soli. In mezzo: resistere.

Si nasce soli, si muore soli. In mezzo: resistere.

L'Editoriale di Luigi Palamara 

Capisco tutto, dicono i benpensanti. Ma capire non significa accettare. Non significa piegarsi, rinunciare, farsi mettere in disparte come un soprammobile inutile. Eppure oggi pare che sia questa la legge non scritta della società: se non ti conformi, se non ti lasci addomesticare, vieni isolato. Espulso.

La solitudine non è una disgrazia: è una condizione naturale dell’uomo. Si nasce soli e soli si muore. Tutto ciò che accade in mezzo, compagnia, amori, sodalizi, amicizie, è spesso un’illusione. Non sempre malvagia, ma pur sempre fragile. Chi si avvicina lo fa per interesse. Non c’è bisogno di scandalizzarsi: è sempre stato così. La differenza è che un tempo almeno lo si mascherava con grazia, con quel tanto di ipocrisia necessaria a non urtare l’altro. Oggi invece non c’è neppure più questo pudore: l’interesse viene sbandierato come virtù, e la fedeltà come debolezza.

Non cerco vendette, non raccolgo rivincite: non ho tempo da buttare. Ma difendo il mio onore, e il mio diritto a vivere secondo le mie regole. Questo sì. Perché senza onore l’uomo non è che carne che respira, un numero in fila al supermercato. E allora meglio essere spietati che complici. Intransigenti piuttosto che servi.

La vita, se vale qualcosa, vale nella misura in cui è tua. Non concessa, non elemosinata, non barattata. Aspettarsi dagli altri la salvezza è un’ingenuità che si paga cara. Meglio allontanarsi subito da chi mostra la doppiezza, e lasciare che il tempo faccia il suo lavoro di selezione naturale.

C’è una lampadina che brucia in ciascuno di noi. Si spegnerà, certo. Ma fino a quel momento il dovere è uno solo: farla brillare. E brillare non significa accontentare gli altri. Significa scegliere, e pagare fino in fondo il prezzo delle proprie scelte.

Luigi Palamara 

Tutti i diritti riservati 
Reggio Calabria 15 settembre 2025

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