A piedi verso il Sud che aspetta

A piedi verso il Sud che aspetta
L'Editoriale di Luigi Palamara


Gattuso e la replica di Falcomatà accendono il dibattito: gli stadi del Mezzogiorno sono davvero “fuori norma”?
Dietro la frase del ct azzurro, il tema antico di un’Italia che corre a due velocità.

«A Reggio Calabria e Cosenza ci andrei a piedi, ma gli stadi non sono a norma».
Basta una frase, detta col tono sincero e ruvido di Gennaro Gattuso, per riaccendere un dibattito che da anni si trascina fra le carte dei ministeri e i cantieri promessi: quello del Sud tagliato fuori dai grandi eventi sportivi.

Alla vigilia di Italia–Israele, il ct azzurro ha parlato come sa fare lui — senza retorica e senza filtri — ricordando che, per motivi di agibilità e licenze UEFA, molte città del Mezzogiorno non possono ospitare partite della Nazionale. «A Reggio, a Cosenza, ci andrei anche a piedi», ha detto. «Ma se gli stadi non rispettano le norme, non possiamo andarci».

Parole che hanno colpito, e non solo per l’affetto che Ringhio nutre per la sua terra. Perché dietro la schiettezza c’è una fotografia amara: quella di un’Italia che divide i suoi stadi come le sue opportunità, con impianti moderni al Nord e cancelli arrugginiti al Sud.

Ma da Reggio Calabria è arrivata subito la replica del sindaco Giuseppe Falcomatà, che con tono fermo ma cordiale ha risposto al commissario tecnico:

> «Caro Gennaro, noi siamo pronti, ti aspettiamo a braccia aperte! Il nostro stadio Oreste Granillo, dopo anni di lavori, oggi è in grado di ospitare una partita internazionale di alto livello. È in Categoria 4 UEFA, con nuovi seggiolini, maxischermo, tornelli digitali, illuminazione e manto erboso di qualità».

Falcomatà non alza la voce, ma rivendica con orgoglio un risultato concreto. Ricorda che l’Italia manca da Reggio dal 26 aprile 2000 — quando Totti, Nesta e Inzaghi sconfissero il Portogallo di Figo e Rui Costa — e lancia un invito diretto: «Vieni a vedere il Granillo, Gennaro. Magari la prossima partita dell’Italia sarà proprio qui».

Dietro il botta e risposta, si intravede una questione più ampia e simbolica: quella di un Paese che non riesce a fare squadra neppure sugli spalti.
Gattuso fotografa una realtà — la burocrazia che blocca — e Falcomatà risponde con un’altra verità: il Sud che si è rimboccato le maniche, ma che aspetta ancora di essere creduto.

È l’eterna storia italiana: l’allenatore che parla di licenze UEFA, il sindaco che parla di dignità. In mezzo, un Paese che continua a discutere su chi deve arrivare a piedi e chi può permettersi di correre.

Non è una questione di stadi, ma di mentalità.
E detto con la passione di chi non si rassegna:

> «Non è il Sud che non è a norma. È la nostra coscienza nazionale».

Luigi Palamara
Tutti i diritti riservati
Reggio Calabria 16 ottobre 2025

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