Bruno Vespa e il patriottismo dell’ignoranza: processo a Sinner per eccesso di bravura

Bruno Vespa e il patriottismo dell’ignoranza: processo a Sinner per eccesso di bravura
L'Editoriale di Luigi Palamara


Eccolo, allora, il nuovo tribunale del popolo italiano: quello che giudica l’accento, il domicilio, la lingua madre, e perfino il codice postale dei propri campioni. A Jannik Sinner — ragazzo d’altri tempi, più di quanto certi suoi censori potranno mai capire — oggi si contesta non già un colpo di rovescio mal riuscito, ma il fatto di “parlare tedesco”. Come se la lingua fosse un delitto, e non una culla.

E in testa al plotone dei fucilatori c’è Bruno Vespa, il cerimoniere di tutte le Italie, l’uomo che da trent’anni introduce il potere nel salotto televisivo come fosse un ospite di famiglia. Ma questa volta, più che un commento, gli è uscita una gaffe: confonde Carlos Alcaraz con un certo “Alvarez”, e da lì discende il suo giudizio tranchant. È un dettaglio, direte. No, non lo è. Perché le parole tradiscono sempre la sostanza, e qui la sostanza è l’ignoranza travestita da patriottismo.

Che Sinner abbia rinunciato alla Coppa Davis si può discutere, certo. È giovane, ricco, sotto pressione: poteva scegliere diversamente. Ma la rabbia con cui gli si spara addosso non nasce dal tennis: nasce da qualcos’altro, di più antico e più miserabile. Nasce da quella provincia dello spirito che non ha mai perdonato a chi nasce ai margini del Paese di sentirsi comunque italiano.

L’Italia è sempre stata maestra nell’arte di divorare i suoi figli migliori, salvo poi farne statue quando sono troppo lontani per rispondere. E c'è da ridere con gusto nel vedere un conduttore di talk show parlare di “nazionale” confondendo il tennis col calcio, con quella disinvoltura tipica di chi non distingue una racchetta da un microfono.

Il patriottismo da scrivania di Vespa e compagni è un riflesso condizionato: quando non sanno di che parlare, sventolano la bandiera. Ma l’Italia che si commuove per l’inno e poi dimentica i fatti non ha mai compreso che un atleta non è un soldato, e che il tennis, più di ogni altro sport, è la rappresentazione moderna dell’individuo. Sinner non ha giurato fedeltà a uno Stato: ha scelto di misurarsi col mondo.

E mentre il Paese discute del suo passaporto linguistico, il ragazzo di Sesto Pusteria continua a far parlare il campo. Con un linguaggio che non ha bisogno di traduzioni: quello del talento, della disciplina, del silenzio.

Si direbbe che non è lui, oggi, a dover imparare l’italiano: è l’Italia, piuttosto, che dovrebbe imparare a parlare la lingua del merito.

Luigi Palamara
Tutti i diritti riservati
Reggio Calabria 22 ottobre 2025

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