Calabria: la Sanità dell’abbandono.
L'Editoriale di Luigi Palamara
In Calabria i numeri della Sanità non sono freddi dati da laboratorio.
Sono ferite aperte.
Ferite che sanguinano vergogna, impotenza e rabbia.
Un disastro, lo ha definito la dottoressa Paola Serranò. E non ha torto.
Nei suoi numeri, nelle sue parole, non c’è propaganda: c’è dolore.
Dolore vero. Quello che non si scrive nei bilanci, ma nei volti di chi aspetta una cura che non arriva mai.
La Sanità non funziona. Non previene. Non cura.
Funziona solo quando c’è da spendere. E si spende, sì: miliardi di euro che evaporano nel nulla.
Si costruiscono ospedali vuoti, si finanziano progetti mai nati, si pagano stipendi a chi non vede nemmeno un malato.
E intanto la gente muore. In silenzio.
La politica?
Fa finta di non vedere.
Si sciacqua la bocca con la parola “emergenza” e intanto continua a fare ciò che sa fare meglio: propaganda.
Non sulla vita della gente, ma sulla sua morte.
Non sulla speranza, ma sul dolore.
Eppure, basterebbe ascoltare le parole di chi — come la dottoressa Serranò — vive ogni giorno dentro la trincea degli ospedali, tra i pazienti dimenticati e le famiglie disperate.
Le sue denunce non sono soltanto statistiche: sono grida. Grida che non possiamo lasciare cadere nel vuoto.
Perché i morti di mala Sanità non sono numeri su un report.
Sono persone.
Sono madri, padri, figli. Sono amici, sorelle, fratelli. Sono anime che chiedono rispetto.
La Sanità non può e non deve essere un affare.
Non può diventare il bancomat della politica, né la vacca da mungere del privato.
La salute non si compra, si garantisce.
E un Paese civile — o che almeno vuole dirsi tale — deve avere il coraggio di restituire alla Sanità pubblica la dignità che le spetta.
Forse è davvero arrivato il momento di cambiare.
Non con le promesse, ma con i fatti.
Perché la morte non vota, ma pesa.
E in Calabria, oggi, pesa come un macigno.
Luigi Palamara
Reggio Calabria 24 ottobre 2025
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@luigi.palamara Calabria: la Sanità dell’abbandono. L'Editoriale di Luigi Palamara In Calabria i numeri della Sanità non sono freddi dati da laboratorio. Sono ferite aperte. Ferite che sanguinano vergogna, impotenza e rabbia. Un disastro, lo ha definito la dottoressa Paola Serranò. E non ha torto. Nei suoi numeri, nelle sue parole, non c’è propaganda: c’è dolore. Dolore vero. Quello che non si scrive nei bilanci, ma nei volti di chi aspetta una cura che non arriva mai. La Sanità non funziona. Non previene. Non cura. Funziona solo quando c’è da spendere. E si spende, sì: miliardi di euro che evaporano nel nulla. Si costruiscono ospedali vuoti, si finanziano progetti mai nati, si pagano stipendi a chi non vede nemmeno un malato. E intanto la gente muore. In silenzio. La politica? Fa finta di non vedere. Si sciacqua la bocca con la parola “emergenza” e intanto continua a fare ciò che sa fare meglio: propaganda. Non sulla vita della gente, ma sulla sua morte. Non sulla speranza, ma sul dolore. Eppure, basterebbe ascoltare le parole di chi — come la dottoressa Serranò — vive ogni giorno dentro la trincea degli ospedali, tra i pazienti dimenticati e le famiglie disperate. Le sue denunce non sono soltanto statistiche: sono grida. Grida che non possiamo lasciare cadere nel vuoto. Perché i morti di mala Sanità non sono numeri su un report. Sono persone. Sono madri, padri, figli. Sono amici, sorelle, fratelli. Sono anime che chiedono rispetto. La Sanità non può e non deve essere un affare. Non può diventare il bancomat della politica, né la vacca da mungere del privato. La salute non si compra, si garantisce. E un Paese civile — o che almeno vuole dirsi tale — deve avere il coraggio di restituire alla Sanità pubblica la dignità che le spetta. Forse è davvero arrivato il momento di cambiare. Non con le promesse, ma con i fatti. Perché la morte non vota, ma pesa. E in Calabria, oggi, pesa come un macigno. Luigi Palamara Reggio Calabria 24 ottobre 2025 #paolaserranò #sanità #calabria #editoriale #luigipalamara ♬ suono originale - Luigi Palamara
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