Calabria. La vittoria che sa di sconfitta.
L'Editoriale di Luigi Palamara
Non giustifico la sconfitta. Ma neppure riesco a esaltarmi per questa vittoria che di vittoria ha solo il nome e l’apparenza.
Un presidente con un avviso di garanzia per corruzione viene rieletto: solo in Calabria può accadere questo, e nessuno sembra più stupirsene. È questo il segno dei tempi: l’indifferenza elevata a sistema, la rassegnazione eretta a virtù civile.
Attendiamo, certo, l’esito delle indagini — ma intanto il danno è fatto.
Perché il messaggio che passa è chiaro: in questa terra ferita e bellissima, non conta la trasparenza, non conta la moralità, non contano le idee. Conta solo il potere, e la capacità di gestirlo con la spregiudicatezza di chi non teme più né la vergogna né il giudizio.
Che razza di tempo stiamo vivendo. Occhiuto o è un genio, o sarà una catastrofe per la Calabria. Personalmente, non ho mai visto in lui un genio. E temo che presto scopriremo quale delle due ipotesi sia quella giusta.
Da subito, infatti, dovremo fare i conti con chi — arrogante e disinvolto — ha deciso di forzare la democrazia, di piegarla alle logiche del consenso personale, alle clientele e ai voti di scambio travestiti da gratitudine politica.
La cosa più sconvolgente non è tanto lui, ma i suoi alleati: piegati, allineati, come se nulla fosse accaduto. Come se un avviso di garanzia fosse ormai un titolo d’onore.
E allora non stupiamoci se la gente ha smesso di credere nella democrazia. Questa non è più la democrazia dei cittadini, ma quella di una minoranza organizzata, clientelare, che si autolegittima e si riproduce all’infinito.
O si cambia o si muore. Non ci sono vie di mezzo, non più.
Perché oggi non vince Occhiuto.
Oggi, ancora una volta, perde la Calabria.
Luigi Palamara
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Reggio Calabria ottobre 2025
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