Calabria. L’arroganza del potere e l’impazienza di Occhiuto
L'Editoriale di Luigi Palamara
È profondamente grottesco il modo in cui Roberto Occhiuto ha deciso di affrontare la propria crisi politica. Grottesco e, direi, emblematico di una certa Italia che non sa mai aspettare. Che corre verso il baratro con la testa alta, convinta che il consenso popolare sia una sorta di immunità morale.
Aveva un’unica cosa da fare, una soltanto: aspettare.
Qualche mese, il tempo necessario perché la Procura di Catanzaro portasse avanti le sue indagini, per chiarire se quell’avviso di garanzia per corruzione fosse fumo o fuoco. Bastava questo: la pazienza, la dignità del silenzio, l’umiltà di chi sa che il potere si misura anche nella capacità di fermarsi.
E invece no. Occhiuto, fedele a quella tracotanza tutta italiana del “vediamo chi comanda davvero”, ha preferito il teatro alla riflessione. Si è dimesso, ha trascinato la Calabria a elezioni anticipate e ha trasformato una vicenda giudiziaria in un plebiscito personale. Una mossa che, più che di coraggio, sa di calcolo.
Il risultato? Ha vinto, sì. Ma che cosa ha davvero vinto?
Un presidente rieletto con un avviso di garanzia sulle spalle non è un simbolo di forza, ma di fragilità istituzionale. È il ritratto di un Paese in cui la politica pretende di legittimarsi non davanti alla giustizia, ma davanti alle urne. Come se la fiducia popolare cancellasse le ombre giudiziarie.
E ora? Ora non lo sa nessuno.
La Procura di Catanzaro lavora in silenzio — e questo silenzio pesa come piombo. I calabresi attendono, sospesi tra la diffidenza e la speranza. Attendono che la magistratura faccia il suo corso, che la verità si apra la strada tra le sabbie mobili del consenso e della propaganda.
Occhiuto, che voleva chiudere la partita politica con un colpo d’orgoglio, ha invece aperto una ferita: quella di una Regione costretta ancora una volta a votare prima di capire.
E forse è proprio questo il dramma più grande: un Sud che non riesce mai a respirare prima che qualcuno decida per lui.
Forse, in un Paese più serio, un uomo al potere avrebbe aspettato — e solo dopo, se assolto, sarebbe tornato a chiedere fiducia. Ma noi non siamo un Paese serio. E lui, evidentemente, lo sa.
Luigi Palamara
Tutti i diritti riservati
Reggio Calabria 9 ottobre 2025
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P.S.
Calabria. Roberto Occhiuto ha solo timbrato un nuovo biglietto e cambiato parte dell’equipaggio di un aereo che non sappiamo ancora se decollerà. Il viaggio è tutto da scoprire — e la destinazione, ancor di più.
Luigi Palamara
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