C’erano un tempo le piazze...

Un tempo simbolo di partecipazione, di sostegno, di confronto. Erano il cuore della politica, spazi aperti in cui i cittadini riempivano ogni angolo per ascoltare i leader, discutere, persino contestare. Oggi quelle stesse piazze raccontano altro: il volto della disaffezione, dell’assenza, del vuoto.

Così, al posto delle grandi adunate, si preferiscono piccole strade, strette e lunghe, per ribaltare il colpo d’occhio, per trasformare un pubblico esiguo in una scenografia ad effetto. Il caso di Lamezia è emblematico: i leader nazionali di governo - dal premier ai vice - sul palco, la prima fila occupata dai giornalisti, subito dopo sostenitori, amministratori e qualche iscritto “deportato” da altre regioni per garantire presenze e applausi. Il risultato è un’eco che gira in cerchio, un parlare a se stessi più che ai cittadini.

I cittadini “semplici”, quelli che un tempo si accalcavano per sentire con le proprie orecchie e decidere con la propria coscienza, oggi rappresentano una sparuta minoranza, quasi invisibile nello scenario precostituito.

È questa la politica di oggi: una politica che si rivolge a pochi e non a tutti, che costruisce platee virtuali piuttosto che ascoltare il malessere diffuso, che preferisce la rappresentazione al coinvolgimento reale. La piazza, svuotata del suo significato originario, resta lì a ricordarci quanto il rapporto tra cittadini e politica sia cambiato, e quanto resti ancora da fare per ricucire una distanza che ormai sembra abissale.

Walter Dorian

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