Il cabaret del potere: Occhiuto e la compagnia delle promesse facili
L'Editoriale di Luigi Palamara
A Lamezia Terme è andato in scena l’ennesimo cabaret politico. Sul palco, Roberto Occhiuto con il suo sorriso da santino patinato, accanto a Giorgia Meloni che, come sempre, ha scambiato la Calabria per un set cinematografico dove recitare il copione dei miracoli annunciati. E dietro, Tajani e Salvini, pronti a reggere il microfono, le borse, o forse solo il moccolo.
Occhiuto parla di “amore per la Calabria”. E qui bisognerebbe ridere. L’amore, si sa, è una faccenda seria, fatta di sacrifici, fedeltà e responsabilità. Non di comizi, comparsate e dichiarazioni da calendario. “Amo questa regione, ce l’ho nel cuore”, proclama lui. Già. Peccato che, a guardare i dati sulla sanità, sembra più un infarto che un battito d’amore.
La Meloni, dal canto suo, promette la fine del commissariamento sanitario, come se bastasse un decreto per guarire ospedali dove mancano persino le lenzuola. È il solito trucco: confondere la conferenza stampa con la realtà. E mentre parla di “concretezza”, infila la battuta sul “reddito di regionalanza”. Satira da bar, degna di un cabaret di provincia.
Ma il punto non è questo. Il punto è che Occhiuto sta giocando con il fuoco, e tutti fanno finta di non accorgersene. La Meloni, Tajani e Salvini lo accompagnano nella corsa, lo spingono, lo applaudono, salvo poi fingere stupore se la magistratura – quella sì, lenta ma inesorabile – dovesse bussare alla porta. Noi aspetteremo i tempi della giustizia, perché abbiamo imparato a farlo. Occhiuto no: lui corre, recita, abbraccia folle, come se il destino potesse essere comprato a suon di applausi.
Eppure, c’è un dettaglio che dovrebbe inquietare la premier. Ogni volta che mette piede in Calabria, finisce male. È il karma di ritorno, quello che non perdona. Ma lei insiste, convinta che i bagni di folla valgano più delle ferite lasciate sul territorio. Forse nessuno le ha spiegato che in Calabria, più che di miracoli, si parla di maledizioni.
Così la compagnia di giro del centrodestra recita la parte dei salvatori, mentre la Calabria resta com’è: povera, sfruttata, umiliata. E loro pensano di “stravincere”. Stravincere cosa? Un titolo di giornale? Una foto sul palco? Una manciata di voti in più? È un gioco da illusi, e la storia – quella vera – non ha mai premiato gli illusionisti.
Perché la verità è semplice e feroce: la Calabria non dimentica. E quando arriverà il conto, non basteranno né i sorrisi di Occhiuto né le promesse da bancarella della Meloni a salvarli.
Luigi Palamara
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Reggio Calabria 1 ottobre 2025
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