Il mestiere di non tacere

Il mestiere di non tacere
L'Editoriale di Luigi Palamara


A volte mi chiedo se scrivere serva ancora a qualcosa. Non in senso romantico, ma pratico. Se davvero valga la pena di mettere nero su bianco pensieri, osservazioni, indignazioni, quando sembra che il mondo non voglia più leggere, ma solo gridare. È un dubbio antico, quasi morale: Corrado Alvaro si domandava se essere onesti avesse ancora un senso. Io, più modestamente, mi chiedo se dir la verità — o almeno provarci — non sia diventato un esercizio inutile.

Viviamo in un’epoca in cui tutti parlano e nessuno ascolta. Tutti vogliono la parola, ma pretendono che gli altri stiano zitti. È un mondo dove l’opinione non è più un diritto, ma un’arma. E chi la pensa diversamente non viene contraddetto: viene eliminato dal discorso, zittito, diffamato. La censura, oggi, non ha bisogno di divise né di tribunali: basta un clic, una risata, un branco virtuale.

Mi capita, certo, di ricevere apprezzamenti. Lettere gentili, parole che fanno bene. Ma poi arrivano anche gli altri: gli indignati di professione, quelli che non discutono, minacciano. Con eleganza, s’intende. La minaccia oggi si traveste da battuta, da sarcasmo, da sorriso. Ma il messaggio è chiaro: “Taci”.
Peccato per loro. Non mi sono mai piegato davanti alle offese, e non comincerò adesso.

Non mi illudo di cambiare il mondo con un articolo o con un quadro. Ma so che tacere, questo sì, lo cambierebbe in peggio. Perché ogni volta che uno cede al ricatto del silenzio, la libertà arretra di un passo. E la libertà, quando arretra, non lo fa mai da sola: si porta dietro la dignità, la coscienza e il rispetto.

Ci sono giorni in cui mi verrebbe voglia di smettere. Di lasciare tutto, di mandare al diavolo la tastiera, i pennelli, il rumore di fondo. Ma poi, per strada, incontro chi davvero non ha voce. Gente semplice, che non pretende nulla, ma ti dice: “Continui a scrivere, mi raccomando”. È in quei momenti che capisco perché lo faccio. Perché l’uomo è solo, ma non deve diventare vile.

Scrivere e dipingere, per me, non sono passatempi. Sono mestieri dell’anima. Modi per resistere a un mondo che ci vorrebbe muti e obbedienti.
E a chi crede di potermi intimidire, dico con calma: non ci riuscirete. Non per coraggio, ma per abitudine. Ho imparato che, davanti alle minacce, il silenzio è complicità. E io, complice, non lo sono mai stato.

Non vi chiedo di essere d’accordo. Vi chiedo solo di lasciare che ognuno faccia il proprio mestiere. Il mio, piaccia o no, è quello di non tacere.

Luigi Palamara
Tutti i diritti riservati
Reggio Calabria 8 ottobre 2025

#editoriale #luigipalamara

Commenti

  1. Aggiungerei che ognuno dice la propria verità che non è detto sia la verità assoluta. È dal confronto tra le diverse "verità" che nasce la democrazia

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