Il nuovo peccato italiano: vietato manifestare

Il nuovo peccato italiano: vietato manifestare
L'Editoriale di Luigi Palamara


Scendere in piazza, oggi, in Italia, è diventato un peccato. Non scritto nelle tavole di Mosè, ma inciso nel marmo della paura collettiva come fosse l’undicesimo comandamento: Non manifesterai.
Il cittadino che osa alzare la testa, marciare, gridare il suo dissenso, viene subito dipinto come un sovversivo, un pericolo, un agente del caos. Non importa quale sia la causa: basta il gesto stesso, il semplice fatto di esserci, per essere bollati come disturbatori dell’ordine costituito.

E i media, quelli che un tempo si definivano “cani da guardia della democrazia”, oggi si limitano a ringhiare a comando. Hanno smesso di abbaiare al potere, preferiscono ringhiare contro chi osa metterlo in discussione. È la loro nuova missione: anestetizzare le coscienze, convincere che la protesta sia violenza, che la piazza sia il preludio al disordine, che chi si muove dal divano sia un nemico della stabilità.

Così si costruisce una deriva silenziosa, mediatica prima ancora che politica. Una deriva che non ha bisogno di manganelli, perché bastano i titoli di giornale. Una deriva che non ha bisogno di tribunali speciali, perché i processi si celebrano nei talk-show della sera.

Il dramma è che chi governa oggi non ha lo spessore di chi ci governava ieri. Altro che statisti: nani e ballerine, marionette senza memoria storica né cultura politica. Gente che si crede classe dirigente, ma che è soltanto ceto dominante: mediocre, improvvisato, smanioso di visibilità. E la mediocrità, quando si veste di potere, diventa veleno per le istituzioni.

Intanto la povertà corre. Corre come corre il potere, e insieme vanno a sbattere contro il muro della polverizzazione sociale. Quando la distanza tra chi comanda e chi subisce diventa troppo grande, la storia ci ha insegnato che le crepe si aprono. E nessuna colata di cemento mediatico potrà chiuderle.

La piazza, piaccia o no, resta l’unico barometro della democrazia. Se si vieta, se la si demonizza, non si ottiene la pace: si ottiene il silenzio. Ma il silenzio non è ordine. È soltanto l’anticamera del disastro.
E allora, sì, un giorno raccoglieremo i cocci. Ma sarà troppo tardi per dire che non lo sapevamo.

Luigi Palamara
Tutti i diritti riservati
Reggio Calabria 3 ottobre 2025


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