Il prezzo della fedeltà tradita
L'Editoriale di Luigi Palamara
Un vezzo tutto reggino — e ormai potremmo dire tutto italiano — è quello di accusare la politica di non saper costruire una classe dirigente. Si ripete, come un ritornello: “Non c’è continuità, non c’è successione, non c’è squadra.”
Falso. Falso come una moneta di stagno. Perché a Reggio Calabria un sindaco che una classe dirigente ha provato a costruirla, c’è stato eccome: Giuseppe Falcomatà.
Per quasi dodici anni ha tentato di formare un gruppo, una generazione, un’eredità politica. Ci ha provato con Saverio Anghelone, Armando Neri, Angela Marcianò, Giovanni Muraca, Riccardo Mauro e altri ancora.
E com’è andata a finire? Quasi tutti, tranne Muraca — che pure, restando nello stesso partito, si è presentato come competitor alle ultime regionali — sono passati dall’altra parte. Dalla parte dell’opposizione.
Una scena da commedia all’italiana, se non fosse che qui c’è in gioco il destino di una città.
Chi doveva garantire la continuità amministrativa è diventato il suo avversario.
Chi doveva sostenere l’opera del “maestro” si è scoperto più interessato al ruolo del “rivale”.
E allora ci si chiede — e dovremmo farlo con lucidità:
davvero la colpa è di Falcomatà, che “non li sa tenere”?
O piuttosto di chi, appena assaporato un frammento di potere, si è creduto un gigante e ha scambiato l’ambizione per autorevolezza?
Perché la politica, quella vera, non è un ring dove si combatte contro chi ti ha offerto i guantoni.
È una scuola di pazienza, di attesa, di costruzione. È gavetta, non vetrina.
E invece, a Reggio come altrove, molti hanno confuso la ribalta con la consacrazione.
Falcomatà — piaccia o no — ha avuto il torto di credere nella lealtà politica in un’epoca in cui la lealtà è una moneta fuori corso.
Ha “creato” figure che, appena intravisto un barlume di visibilità, si sono voltate dall’altra parte, illudendosi di poter fare da sole.
E invece no: la politica non perdona i figli ingrati. Li divora, come Crono.
E infatti quasi tutti, oggi, sono spariti. Dimenticati.
Eppure, paradossalmente, la colpa ricade su di lui.
Perché in Italia funziona così: se costruisci e ti abbandonano, sei tu che non hai saputo tenere insieme i pezzi.
Mai che si dica, invece, che certi pezzi erano semplicemente inadatti al mosaico.
Che questa storia serva da monito.
A chi viene dopo, a chi si illude di poter saltare le tappe, a chi confonde la fedeltà con la sudditanza.
Non montatevi la testa: la politica, quando vi accorgerete che non siete indispensabili, vi spazzerà via in silenzio.
E non sarà nemmeno crudele. Sarà soltanto indifferente.
Come sempre accade ai traditori della gratitudine.
Luigi Palamara
Tutti i diritti riservati
Reggio Calabria 21 ottobre 2025
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