La Calabria dei conti truccati(?) e delle verità taciute
L'Editoriale di Luigi Palamara
Un vizio antico, quasi genetico, nella politica calabrese è: quello di chiamare “miracolo” ciò che, in realtà, è solo un maquillage contabile. E così, anche stavolta, il governatore Occhiuto ha sventolato come un trofeo la “parificazione” dei conti regionali da parte della Corte dei conti. Ma chi si prende la briga di leggere le carte — e non i comunicati — scopre che il presunto miracolo si regge su stampelle di carta e numeri ritoccati come un bilancio da operetta.
Perché la verità, nuda e cruda, è che la Corte non ha certificato alcun trionfo. Ha piuttosto alzato un sopracciglio, come un professore stanco davanti allo studente che copia, e ha scritto nero su bianco che i conti non tornano. Residui attivi per oltre cinque milioni cancellati perché inesigibili, buchi nella sanità per altri quattro milioni e mezzo da coprire in fretta e furia con risorse correnti: questa non è una promozione. È una grazia temporanea.
E mentre il presidente si affanna nelle sue dirette social a raccontare una Calabria che corre, la realtà viaggia in direzione opposta: la sanità è ancora un colabrodo, la mobilità passiva — quella dei malati costretti a curarsi altrove — è esplosa a 308 milioni di euro. Trecento milioni che se ne vanno via ogni anno, come sangue da una ferita che non si rimargina mai, e con essi la dignità di una terra che continua a esportare pazienti invece che competenze.
La Corte dei conti ha fatto il suo mestiere, con la freddezza del chirurgo e la precisione del contabile: ha messo sotto la lente il Pnrr, i fondi europei, gli enti strumentali. Il responso è impietoso: spesa lenta, progetti vaghi, ospedali che slittano fino al 2031, un sottobosco di società regionali che brucia 500 milioni e non produce risultati. Un “sottogoverno” lo chiamano, ma sarebbe più onesto definirlo per quello che è: un parassita attaccato al corpo già debilitato della Regione.
E allora sì, ha ragione il Pd quando dice che “è finito il tempo delle bugie”. Perché la Calabria non ha bisogno di narrazioni trionfali né di presidenti in posa su Facebook: ha bisogno di verità, di coraggio e di numeri che finalmente coincidano con la realtà.
Ma qui la verità non è di casa. Qui i conti si aggiustano, le colpe si spalmano e le responsabilità si diluiscono. È un gioco che dura da decenni, quello del “tanto la gente dimentica”. Solo che, a furia di dimenticare, si è dimenticato anche il pudore.
E allora la domanda è una sola: chi paga?
Chi paga per le bugie, per i ritardi, per gli ospedali fantasma e per le famiglie costrette a farsi curare a mille chilometri da casa?
La risposta, purtroppo, è la stessa di sempre: pagano i calabresi.
Luigi Palamara
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Reggio Calabria 24 ottobre 2025
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