La maleducazione in rete

La maleducazione in rete
L'Editoriale di Luigi Palamara


Qualcosa di profondamente malato aleggia nel modo in cui si vive oggi la comunicazione.
Entrare nei social è, troppo spesso, come aprire la porta di casa e ritrovarsi un estraneo nel salotto: un estraneo che non saluta, non ascolta, ma insulta. È l’immagine più fedele di questa piazza virtuale, dove chiunque si sente autorizzato a colpire, offendere, diffamare, come se lo schermo fosse uno scudo morale.

Io non ho mai considerato i social un’arena, ma un servizio di imformazione. Un luogo in cui condividere contenuti, pensieri, editoriali, notizie, esperienze. Non certo un confessionale, e tantomeno un tribunale.
Chi diffama, chi oltrepassa il limite, sappia che la legge esiste anche qui. E che, per principio, io querelo. Non per orgoglio, ma per rispetto: di me stesso, e della verità.

C’è poi un aspetto che mi stupisce più dell’offesa in sé: la leggerezza con cui viene fatta. Si parla, si scrive, si accusa — come se non ci fosse conseguenza. Ma la conseguenza arriva sempre, e di solito arriva nel momento in cui si deve pagare un avvocato. È lì che improvvisamente si comprende quanto sia costato un gesto che, fino a un momento prima, pareva solo uno sfogo.

Il confronto, il vero confronto, nasce dalle opinioni, non dalle aggressioni. La mia vale quanto la vostra: né di più, né di meno. Ma se discutere significa gridare, allora non è un confronto, è rumore. E il rumore, si sa, non produce pensiero.

Per questo non partecipo a dibattiti sterili, non rispondo a chi vuole solo provocare. Le risposte — le mie risposte — sono già qui, in queste righe. Leggetele, se volete capire.
E se non basta, pazienza. Non ripeterò all’infinito ciò che è chiaro per chi ha orecchie per intendere.

In fondo, l’educazione è un lusso raro. Ma non impossibile.

Luigi Palamara
Tutti i diritti riservati
Reggio Calabria 26 ottobre 2025

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