La rivoluzione gentile di Falcomatà: come una campagna fatta di ascolto e dignità ha restituito senso alla parola partecipazione.
La rivoluzione gentile di Falcomatà: come una campagna fatta di ascolto e dignità ha restituito senso alla parola partecipazione.
L'Editoriale di Luigi Palamara
In ogni città, arriva il momento in cui la politica smette di essere propaganda e torna a essere un abbraccio. È quel momento in cui la gente si guarda negli occhi, non per cercare un capo, ma un compagno di strada.
A Reggio Calabria questo momento è arrivato, e ha il volto di un sindaco che ha deciso di non tradire se stesso.
Giuseppe Falcomatà — piaccia o non piaccia — ha avuto il coraggio di restare fedele a un’idea quasi dimenticata: che la politica non si fa con il rancore, ma con il sentimento. Che non serve urlare per farsi ascoltare, né insultare per sembrare forti.
In tempi in cui il dibattito pubblico è diventato una fiera di insulti, la sua è stata una campagna di educazione sentimentale.
C’è in quelle parole — “la signorilità” — qualcosa che oggi suona rivoluzionario.
Non è la parola di un professore, ma di un uomo che ha attraversato dodici anni di tempeste e ancora crede che si possa governare senza sputare addosso all’avversario.
In un Sud dove la speranza si misura spesso in promesse non mantenute, Falcomatà ha scelto il registro più difficile: la decenza.
Non era preparato, lo ha ammesso. Non lo era nessuno, forse. Ma ha accettato la sfida.
Con il passo lento e testardo di chi non fa politica per mestiere ma per necessità.
E dietro di lui — o forse accanto a lui — una folla di 10.341 cuori. Non numeri, ma storie. Non voti, ma mani callose, occhi lucidi, sorrisi stanchi.
Una signora che esce dal seggio e dice “io ho votato il mio sindaco” non è un episodio folkloristico: è un manifesto. È la fotografia di una Calabria che, quando vuole, sa ancora distinguere tra chi urla e chi costruisce.
Pasquale Tridico, con la sua campagna gentile e ferma, ne è stato la conferma: in un Paese dove lo scontro è il sale della comunicazione, ha preferito il pane del ragionamento.
Ecco, signori: in un’epoca di social feroci, parlare con educazione è diventato un atto eversivo.
C’è poi un’altra immagine che resta, e che meriterebbe di essere scolpita in una piazza: la politica “scalza e senza scorta”.
Non è poesia. È un modo di stare nel mondo.
Scalza, perché non ha paura di sporcarsi i piedi nella polvere delle periferie, nei paesi dell’entroterra, nei mercati, nei seggi.
Senza scorta, perché la sola protezione che riconosce è quella della propria coscienza.
Falcomatà non ha vinto solo un risultato: ha restituito alla parola “partecipazione” la sua carne. Ha ricordato che la democrazia non vive nelle stanze, ma nelle piazze; non nei corridoi, ma nelle mani che si stringono.
Ha ricordato che la sinistra, se vuole tornare a parlare al popolo, deve tornare per strada. Non per fare rumore, ma per ascoltare.
L'onestà intellettuale è la più rara delle virtù politiche e la coerenza è la più pericolosa.
Falcomatà, nel suo piccolo, le ha praticate entrambe.
La sua politica non è perfetta, ma è viva.
Non è spavalda, ma sincera.
E in un’Italia dove la parola “credere” sembra ormai un verbo da museo, questo basterebbe già a restituirle dignità.
E allora sì, continueranno a camminare scalzi e senza scorta.
Ma almeno, finalmente, con la testa alta.
Luigi Palamara
Tutti i diritti riservati
Reggio Calabria ottobre 2025
@luigi.palamara Il ringraziamento di Guseppe Falcomatà a tutti i cittadini di Reggio Calabria e della Città Metropolitana. 7 ottobre 2025 #giuseppefalcomatà #reggiocalabria #calabria #politica #luigipalamara ♬ suono originale - Luigi Palamara
@luigi.palamara INTERVISTA A GIUSEPPE FALCOMATÀ NEO CONSIGLIERE REGIONALE DELLA CALABRIA. La rivoluzione gentile di Falcomatà: come una campagna fatta di ascolto e dignità ha restituito senso alla parola partecipazione. L'Editoriale di Luigi Palamara In ogni città, arriva il momento in cui la politica smette di essere propaganda e torna a essere un abbraccio. È quel momento in cui la gente si guarda negli occhi, non per cercare un capo, ma un compagno di strada. A Reggio Calabria questo momento è arrivato, e ha il volto di un sindaco che ha deciso di non tradire se stesso. Giuseppe Falcomatà — piaccia o non piaccia — ha avuto il coraggio di restare fedele a un’idea quasi dimenticata: che la politica non si fa con il rancore, ma con il sentimento. Che non serve urlare per farsi ascoltare, né insultare per sembrare forti. In tempi in cui il dibattito pubblico è diventato una fiera di insulti, la sua è stata una campagna di educazione sentimentale. C’è in quelle parole — “la signorilità” — qualcosa che oggi suona rivoluzionario. Non è la parola di un professore, ma di un uomo che ha attraversato dodici anni di tempeste e ancora crede che si possa governare senza sputare addosso all’avversario. In un Sud dove la speranza si misura spesso in promesse non mantenute, Falcomatà ha scelto il registro più difficile: la decenza. Non era preparato, lo ha ammesso. Non lo era nessuno, forse. Ma ha accettato la sfida. Con il passo lento e testardo di chi non fa politica per mestiere ma per necessità. E dietro di lui — o forse accanto a lui — una folla di 10.341 cuori. Non numeri, ma storie. Non voti, ma mani callose, occhi lucidi, sorrisi stanchi. Una signora che esce dal seggio e dice “io ho votato il mio sindaco” non è un episodio folkloristico: è un manifesto. È la fotografia di una Calabria che, quando vuole, sa ancora distinguere tra chi urla e chi costruisce. Pasquale Tridico, con la sua campagna gentile e ferma, ne è stato la conferma: in un Paese dove lo scontro è il sale della comunicazione, ha preferito il pane del ragionamento. Ecco, signori: in un’epoca di social feroci, parlare con educazione è diventato un atto eversivo. C’è poi un’altra immagine che resta, e che meriterebbe di essere scolpita in una piazza: la politica “scalza e senza scorta”. Non è poesia. È un modo di stare nel mondo. Scalza, perché non ha paura di sporcarsi i piedi nella polvere delle periferie, nei paesi dell’entroterra, nei mercati, nei seggi. Senza scorta, perché la sola protezione che riconosce è quella della propria coscienza. Falcomatà non ha vinto solo un risultato: ha restituito alla parola “partecipazione” la sua carne. Ha ricordato che la democrazia non vive nelle stanze, ma nelle piazze; non nei corridoi, ma nelle mani che si stringono. Ha ricordato che la sinistra, se vuole tornare a parlare al popolo, deve tornare per strada. Non per fare rumore, ma per ascoltare. L'onestà intellettuale è la più rara delle virtù politiche e la coerenza è la più pericolosa. Falcomatà, nel suo piccolo, le ha praticate entrambe. La sua politica non è perfetta, ma è viva. Non è spavalda, ma sincera. E in un’Italia dove la parola “credere” sembra ormai un verbo da museo, questo basterebbe già a restituirle dignità. E allora sì, continueranno a camminare scalzi e senza scorta. Ma almeno, finalmente, con la testa alta. Luigi Palamara Tutti i diritti riservati Reggio Calabria ottobre 2025 #giuseppefalcomatà #reggiocalabria #calabria #politica #luigipalamara ♬ suono originale - Luigi Palamara
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