La spazzatura che chiamiamo informazione
L'Editoriale di Luigi Palamara
Quando l’informazione tira ad indovinare, non è più informazione. È prostituzione della verità. È spazzatura, nuda e fetida.
E Dio solo sa quanta ne circola oggi. Testate intere che campano di menzogne come parassiti attaccati al corpo dell’opinione pubblica. Giornalisti che si definiscono “professionisti”, ma che la dignità l’hanno barattata con un clic in più, una comparsata in TV, un titolo velenoso. Centinaia di fake news, migliaia di falsità. Nessuna vergogna, nessuna conseguenza.
E il bello — anzi, il tragico — è che la gente lo sa. Lo sa benissimo che sta leggendo falsità. Ma continua a leggerle, a crederci, a condividerle come se fossero oro. Perché? Perché fa comodo. Perché confermano quello che già pensa, quello che vuole sentirsi dire.
E allora eccoli, gli italiani di oggi: nutriti di bufale e di odio, incapaci di distinguere un fatto da un’opinione, un giornale da una discarica.
E ci sono pure gli pseudo-intellettuali, quelli con la sciarpa e l’aria ispirata, che pontificano tra un salotto e un talk show. Parlano, sempre. Pensare, mai. Perché il silenzio impone riflessione, e la riflessione non fa audience.
Mi domando — e vi domando — che cosa si possa trovare scavando nella spazzatura. Forse un riflesso di sé stessi. Perché a furia di nutrirsi di immondizia, si finisce per diventarla. È una legge morale prima che intellettuale: sei ciò che scegli di leggere, sei ciò che scegli di credere.
E allora non venite a piangere sulla morte del giornalismo. Il giornalismo non è morto da solo: l’avete ucciso voi. Con l’indifferenza, con la pigrizia, con la vostra fame di menzogne ben confezionate.
Questa è la desolante verità.
E come tutte le verità, fa male.
Luigi Palamara
Tutti i diritti riservati
Reggio Calabria 11 ottobre 2025
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