La tarantella e la dignità di un popolo
L'Editoriale di Luigi Palamara
È qualcosa di profondamente vero, e perfino commovente, vedere una tarantella ballata in Piazza Italia.
È come se un’antica voce, sepolta sotto la polvere del tempo e l’indifferenza dei moderni, tornasse a farsi sentire. E lo fa con il passo leggero dei giovani, con la grazia delle ragazze che girano su se stesse come fiori mossi dal vento, con il ritmo ostinato dell’organetto e del tamburello, strumenti poveri e nobili insieme.
La tarantella — quel ballo che molti vorrebbero relegare ai margini, nelle periferie dell’anima e della città — oggi ritorna al centro. Non per folklore, ma per giustizia. Perché un popolo che dimentica il proprio ritmo dimentica anche se stesso.
C’è un giovane che guida i danzatori, con il passo certo e lo sguardo orgoglioso di chi sa di appartenere a qualcosa di più grande di lui. Li guida come si guida una memoria collettiva: con rispetto, con amore, con la consapevolezza che la tradizione non è un museo, ma un corpo vivo che respira, cambia, si rinnova.
Non possiamo — non dobbiamo — lasciare che la tarantella venga sporcata da significati devianti o caricature volgari.
La tarantella non è un folklore di cartolina: è un gesto di libertà. È la voce di un popolo che, pur piegato, ha sempre trovato un modo per rialzarsi, per gridare vita anche quando la vita sembrava negata.
Ecco perché, davanti a quelle immagini di ragazzi che ballano sotto il cielo di Reggio, viene spontaneo pensare che la Calabria è viva.
Ferita, dimenticata, ma viva.
E in quel girare, in quel battere dei piedi, in quel suono antico che risale dalla terra come un respiro, c’è tutta la nostra ostinazione, la nostra bellezza, la nostra dignità.
La tarantella, in fondo, è questo:
un atto d’amore verso chi eravamo
e un grido di speranza verso chi potremmo ancora essere.
Luigi Palamara
Reggio Calabria, 14 ottobre 2025
Tutti i diritti riservati
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Dipinto di Luigi Palamara
Dimensioni: 100x100
Tecnica: Acrilico su tela
La Tarantella
@luigi.palamara La tarantella e la dignità di un popolo L'Editoriale di Luigi Palamara È qualcosa di profondamente vero, e perfino commovente, vedere una tarantella ballata in Piazza Italia. È come se un’antica voce, sepolta sotto la polvere del tempo e l’indifferenza dei moderni, tornasse a farsi sentire. E lo fa con il passo leggero dei giovani, con la grazia delle ragazze che girano su se stesse come fiori mossi dal vento, con il ritmo ostinato dell’organetto e del tamburello, strumenti poveri e nobili insieme. La tarantella — quel ballo che molti vorrebbero relegare ai margini, nelle periferie dell’anima e della città — oggi ritorna al centro. Non per folklore, ma per giustizia. Perché un popolo che dimentica il proprio ritmo dimentica anche se stesso. C’è un giovane che guida i danzatori, con il passo certo e lo sguardo orgoglioso di chi sa di appartenere a qualcosa di più grande di lui. Li guida come si guida una memoria collettiva: con rispetto, con amore, con la consapevolezza che la tradizione non è un museo, ma un corpo vivo che respira, cambia, si rinnova. Non possiamo — non dobbiamo — lasciare che la tarantella venga sporcata da significati devianti o caricature volgari. La tarantella non è un folklore di cartolina: è un gesto di libertà. È la voce di un popolo che, pur piegato, ha sempre trovato un modo per rialzarsi, per gridare vita anche quando la vita sembrava negata. Ecco perché, davanti a quelle immagini di ragazzi che ballano sotto il cielo di Reggio, viene spontaneo pensare che la Calabria è viva. Ferita, dimenticata, ma viva. E in quel girare, in quel battere dei piedi, in quel suono antico che risale dalla terra come un respiro, c’è tutta la nostra ostinazione, la nostra bellezza, la nostra dignità. La tarantella, in fondo, è questo: un atto d’amore verso chi eravamo e un grido di speranza verso chi potremmo ancora essere. Luigi Palamara Reggio Calabria, 14 ottobre 2025 Tutti i diritti riservati #tarantella #editoriale #luigipalamara #piazzaitalia #reggiocalabria ♬ suono originale - Luigi Palamara
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