L’urna vuota della Democrazia
L'Editoriale di Luigi Palamara
C’erano tempi in cui il voto era un rito, non una corsa a ostacoli tra tifoserie.
Un gesto silenzioso, carico di rispetto.
Oggi, invece, è diventato una competizione, e come in ogni competizione il pubblico partecipa solo per tifare o per vincere qualcosa.
Il cittadino si è fatto spettatore, e la democrazia uno spettacolo stanco.
Io ricordo mia madre che andava a votare come si va in chiesa.
Si vestiva bene, camminava fiera, e dentro di lei c’era il sentimento di chi credeva che quella croce su una scheda potesse cambiare la vita di tutti.
Ricordo la mia prima volta: il fruscio della carta, la matita che lasciava il segno.
Era un’emozione antica, quasi sacra.
In quei minuti, pareva che la storia passasse dalle mani di ciascuno di noi.
Oggi quella storia non appartiene più a nessuno.
“Sono tutti uguali” — e non è solo una scusa: è la resa collettiva.
La democrazia si è fatta sistema, e il sistema non conosce ideali.
È una ruota che gira sempre uguale: oggi tocca a me, domani a te.
Un patto tacito tra parassiti, mentre intorno la gente si stanca, si arrende, si spegne.
Ci rubano il tempo e l’anima.
Il lavoro non basta più, la sanità non cura, la libertà non consola.
Chi prova a parlare viene zittito, chi tenta di resistere viene deriso.
Fuori, il vento di guerra fischia come nei racconti dei vecchi, e dentro le case non c’è più coraggio, solo paura e televisione.
Viviamo un Moderno Medioevo, fatto di luci artificiali e anime buie.
I giovani camminano senza meta, i vecchi non riconoscono più il mondo che avevano costruito.
Siamo diventati un popolo che non sogna, che non prega, che non crede.
Un popolo che si rifugia nell’indifferenza come in una coperta consunta.
Eppure, da qualche parte, sotto la cenere, cova ancora una brace.
È la memoria di quel gesto semplice: una scheda, una matita, un voto.
Forse un giorno qualcuno tornerà a credere che valga la pena di rimettere in moto la storia.
Ma servirà un atto di fede più che di politica.
Perché non si ricostruisce una democrazia se prima non si ricostruisce l’uomo.
Luigi Palamara
Tutti i diritti riservati
Reggio Calabria 6 ottobre 2025
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