Meglio un Sorgonà rumoroso che cento addetti stampa muti: la libertà non si misura in decibel

Meglio un Sorgonà rumoroso che cento addetti stampa muti: la libertà non si misura in decibel

L'Editoriale di Luigi Palamara


Eccolo qui, l’ennesimo testo che gronda di moralismo a senso unico: un capolavoro di indignazione prefabbricata contro chi osa non allinearsi al verbo del potere, o di quel che ne resta. Un “testo” — che non merita di essere chiamato articolo, e men che meno editoriale — che, più che informare, sembra voler impartire una lezione di comportamento: come si deve stare zitti, come si deve pensare e, soprattutto, da che parte bisogna stare per non essere linciati mediaticamente.
Anche gli “scecchi” — gli asini — nel web ormai hanno le ali.

Perché, diciamolo chiaramente: non è la “neutralità istituzionale” di Filippo Sorgonà il vero bersaglio di questo fuoco di fila. È l’insolenza di un uomo che non si piega. Di un giornalista che, con tutti i suoi limiti e le sue intemperanze verbali, non si inginocchia davanti al potere politico, né a quello mediatico, né a quello partitico che — oggi come ieri — pretende di gestire la città di Reggio Calabria come un feudo.

Francesco Cannizzaro si candida e, improvvisamente, l’universo deve fermarsi ad applaudire. Nessuno osi disturbare il manovratore (ovviamente in senso lato e non certo l'On. Cannizzaro). E guai se un addetto stampa — figura che, in una democrazia sana, dovrebbe poter pensare e parlare come cittadino — osa sollevare un dubbio, un’ombra, un interrogativo. Lo si trasforma in un caso, in un “problema di opportunità istituzionale”, come dicono i burocrati quando vogliono ammantare di decenza la censura.

È la solita storia italiana. Quando uno scrive quello che pensa, è fazioso. Quando tace, è un galantuomo.”
E personalmente, la neutralità la lascio ai pesci rossi: “La neutralità è la scusa dei codardi. In tempi di menzogna, essere imparziali è già una colpa.”

Il vero scandalo non è il post di Sorgonà. Il vero scandalo è la pretesa — indecente, soffocante, ipocrita — che ogni voce pubblica debba farsi servo muto del potere di turno. Che un giornalista, addetto stampa comunale, debba essere un altoparlante dell’amministrazione e non anche un essere pensante.

E allora sì, ben venga il dissenso. Ben venga chi rompe la liturgia del silenzio, chi osa dire qualcosa invece di dire niente. Perché la città — la vera Reggio Calabria — non ha bisogno di più cortigiani: ne ha già avuti abbastanza, e il risultato è sotto gli occhi di tutti.

La candidatura di Cannizzaro — e le reazioni che suscita — non è un fatto politico, ma antropologico. È la radiografia di una città che non sa più distinguere tra la libertà e la fedeltà, tra la voce e l’eco.

E allora, lasciate stare Sorgonà. Il problema non è lui.
Il problema è un sistema che, a forza di pretendere la neutralità, ha prodotto solo conformismo.
E un’informazione che, a furia di voler essere “super partes”, ha smesso di essere viva — e spesso, purtroppo, scivola nella deriva delle fake news quando va bene e a rasentare il ridicolo quasi quotidianamente.

Vuoi la verità?
Meglio un Sorgonà rumoroso, civile e libero, che cento addetti stampa muti, servili e ossequiosi verso il potere di turno.

Luigi Palamara
Tutti i diritti riservati
Reggio Calabria, 20 ottobre 2025

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