Reggio chiama, la Calabria risponde: basta padroni, servono servitori

Reggio chiama, la Calabria risponde: basta padroni, servono servitori
L'Editoriale di Luigi Palamara


Pasquale Tridico arriva in piazza Duomo a Reggio Calabria con un entusiasmo che ha quasi il sapore dell’ingenuità, ma che in realtà è la forza di chi non ha paura di sporcarsi le scarpe girando i paesi, incontrando sindaci e cittadini. «Ho la sensazione netta che vinciamo», dice, e lo dice con la certezza di chi ha percorso la Calabria dall’Aspromonte al Pollino, raccogliendo il calore della gente, i bisogni mai ascoltati e le speranze calpestate da decenni di promesse non mantenute.

Il suo programma ha l’ambizione dei grandi cantieri e la semplicità delle cose necessarie: un polo tecnologico e formativo a Reggio, «capitale di questo Mezzogiorno da far rinascere», aeroporti da rafforzare, trasporti adeguati, università capaci di produrre ricerca e futuro. E soprattutto una sanità che torni a funzionare, fuori dal commissariamento che da anni soffoca la Calabria come un cappio. «Faremo un grande piano di assunzione di medici», annuncia, chiedendo a Giorgia Meloni di mantenere la parola data.

Qui il contrasto con Occhiuto e il centrodestra è netto. Tridico insiste sull’“onestà, competenza e umiltà di stare tra la gente”. E lancia l’accusa: «Occhiuto non l’ha visto mai nessuno nei paesi che noi abbiamo visitato». Non è un dettaglio folkloristico: in politica, la presenza fisica vale più di mille discorsi. Chi non c’è, chi non ascolta, chi non tocca con mano, finisce per governare dall’alto come un principe, non come un servitore dello Stato.

Accanto a lui, Giuseppe Conte non usa giri di parole. Accusa Occhiuto di «una furbata contro la democrazia», di aver forzato le regole, chiedendo un plebiscito per nascondere difficoltà e inchieste pendenti. «Siamo stati costretti a inseguire — dice — ma sull’onda di un moto popolare pensiamo di poterla vincere questa rincorsa». E ancora: «Occhiuto non è stato trasparente come amministratore e c’è un principio di etica pubblica che non ha rispettato».

In Calabria — e in Italia — la democrazia è sempre una corsa in salita, e chi governa tende a trasformarla in una proprietà privata. Chiamandola con il suo nome, furbata è un eufemismo, quando si tratta di piegare le regole per restare incollati alla poltrona.

Eppure, oggi come ieri, la scelta sta tutta qui: tra l’arroganza di chi comanda e l’umiltà di chi prova a servire. Tridico e Conte non offrono miracoli, ma un ritorno all’essenziale: sanità, lavoro, trasporti, dignità.

La Calabria non ha bisogno di un altro padrone che chiede obbedienza. Ha bisogno di un governo che conosca la fatica delle sue strade dissestate, il dolore dei giovani costretti a partire, la voce di chi è rimasto indietro. All’arroganza di Occhiuto e del suo centrodestra si risponde solo così: con l’umiltà, la competenza e l'onestà. Non c’è altro antidoto.

Luigi Palamara
Tutti i diritti riservati
Reggio Calabria 3 ottobre 2025

#reggiocalabria #calabria #pasqualetridico #giuseppeconte
#piazzaduomo

@luigi.palamara Reggio chiama, la Calabria risponde: basta padroni, servono servitori L'Editoriale di Luigi Palamara Pasquale Tridico arriva in piazza Duomo a Reggio Calabria con un entusiasmo che ha quasi il sapore dell’ingenuità, ma che in realtà è la forza di chi non ha paura di sporcarsi le scarpe girando i paesi, incontrando sindaci e cittadini. «Ho la sensazione netta che vinciamo», dice, e lo dice con la certezza di chi ha percorso la Calabria dall’Aspromonte al Pollino, raccogliendo il calore della gente, i bisogni mai ascoltati e le speranze calpestate da decenni di promesse non mantenute. Il suo programma ha l’ambizione dei grandi cantieri e la semplicità delle cose necessarie: un polo tecnologico e formativo a Reggio, «capitale di questo Mezzogiorno da far rinascere», aeroporti da rafforzare, trasporti adeguati, università capaci di produrre ricerca e futuro. E soprattutto una sanità che torni a funzionare, fuori dal commissariamento che da anni soffoca la Calabria come un cappio. «Faremo un grande piano di assunzione di medici», annuncia, chiedendo a Giorgia Meloni di mantenere la parola data. Qui il contrasto con Occhiuto e il centrodestra è netto. Tridico insiste sull’“onestà, competenza e umiltà di stare tra la gente”. E lancia l’accusa: «Occhiuto non l’ha visto mai nessuno nei paesi che noi abbiamo visitato». Non è un dettaglio folkloristico: in politica, la presenza fisica vale più di mille discorsi. Chi non c’è, chi non ascolta, chi non tocca con mano, finisce per governare dall’alto come un principe, non come un servitore dello Stato. Accanto a lui, Giuseppe Conte non usa giri di parole. Accusa Occhiuto di «una furbata contro la democrazia», di aver forzato le regole, chiedendo un plebiscito per nascondere difficoltà e inchieste pendenti. «Siamo stati costretti a inseguire — dice — ma sull’onda di un moto popolare pensiamo di poterla vincere questa rincorsa». E ancora: «Occhiuto non è stato trasparente come amministratore e c’è un principio di etica pubblica che non ha rispettato». In Calabria — e in Italia — la democrazia è sempre una corsa in salita, e chi governa tende a trasformarla in una proprietà privata. Chiamandola con il suo nome, furbata è un eufemismo, quando si tratta di piegare le regole per restare incollati alla poltrona. Eppure, oggi come ieri, la scelta sta tutta qui: tra l’arroganza di chi comanda e l’umiltà di chi prova a servire. Tridico e Conte non offrono miracoli, ma un ritorno all’essenziale: sanità, lavoro, trasporti, dignità. La Calabria non ha bisogno di un altro padrone che chiede obbedienza. Ha bisogno di un governo che conosca la fatica delle sue strade dissestate, il dolore dei giovani costretti a partire, la voce di chi è rimasto indietro. All’arroganza di Occhiuto e del suo centrodestra si risponde solo così: con l’umiltà, la competenza e l'onestà. Non c’è altro antidoto. Luigi Palamara Tutti i diritti riservati Reggio Calabria 3 ottobre 2025 #reggiocalabria #calabria #pasqualetridico #giuseppeconte #piazzaduomo ♬ suono originale - Luigi Palamara
@luigi.palamara Reggio chiama, la Calabria risponde: basta padroni, servono servitoriReggio chiama, la Calabria risponde: basta padroni, servono servitori L'Editoriale di Luigi Palamara Pasquale Tridico arriva in piazza Duomo a Reggio Calabria con un entusiasmo che ha quasi il sapore dell’ingenuità, ma che in realtà è la forza di chi non ha paura di sporcarsi le scarpe girando i paesi, incontrando sindaci e cittadini. «Ho la sensazione netta che vinciamo», dice, e lo dice con la certezza di chi ha percorso la Calabria dall’Aspromonte al Pollino, raccogliendo il calore della gente, i bisogni mai ascoltati e le speranze calpestate da decenni di promesse non mantenute. Il suo programma ha l’ambizione dei grandi cantieri e la semplicità delle cose necessarie: un polo tecnologico e formativo a Reggio, «capitale di questo Mezzogiorno da far rinascere», aeroporti da rafforzare, trasporti adeguati, università capaci di produrre ricerca e futuro. E soprattutto una sanità che torni a funzionare, fuori dal commissariamento che da anni soffoca la Calabria come un cappio. «Faremo un grande piano di assunzione di medici», annuncia, chiedendo a Giorgia Meloni di mantenere la parola data. Qui il contrasto con Occhiuto e il centrodestra è netto. Tridico insiste sull’“onestà, competenza e umiltà di stare tra la gente”. E lancia l’accusa: «Occhiuto non l’ha visto mai nessuno nei paesi che noi abbiamo visitato». Non è un dettaglio folkloristico: in politica, la presenza fisica vale più di mille discorsi. Chi non c’è, chi non ascolta, chi non tocca con mano, finisce per governare dall’alto come un principe, non come un servitore dello Stato. Accanto a lui, Giuseppe Conte non usa giri di parole. Accusa Occhiuto di «una furbata contro la democrazia», di aver forzato le regole, chiedendo un plebiscito per nascondere difficoltà e inchieste pendenti. «Siamo stati costretti a inseguire — dice — ma sull’onda di un moto popolare pensiamo di poterla vincere questa rincorsa». E ancora: «Occhiuto non è stato trasparente come amministratore e c’è un principio di etica pubblica che non ha rispettato». In Calabria — e in Italia — la democrazia è sempre una corsa in salita, e chi governa tende a trasformarla in una proprietà privata. Chiamandola con il suo nome, furbata è un eufemismo, quando si tratta di piegare le regole per restare incollati alla poltrona. Eppure, oggi come ieri, la scelta sta tutta qui: tra l’arroganza di chi comanda e l’umiltà di chi prova a servire. Tridico e Conte non offrono miracoli, ma un ritorno all’essenziale: sanità, lavoro, trasporti, dignità. La Calabria non ha bisogno di un altro padrone che chiede obbedienza. Ha bisogno di un governo che conosca la fatica delle sue strade dissestate, il dolore dei giovani costretti a partire, la voce di chi è rimasto indietro. All’arroganza di Occhiuto e del suo centrodestra si risponde solo così: con l’umiltà, la competenza e l'onestà. Non c’è altro antidoto. Luigi Palamara Tutti i diritti riservati Reggio Calabria 3 ottobre 2025 #reggiocalabria #calabria #pasqualetridico #giuseppeconte #piazzaduomo ♬ Jesce Sole - (Fans) Nino D’Angelo
@luigi.palamara Reggio chiama, la Calabria risponde: basta padroni, servono servitori L'Editoriale di Luigi Palamara Pasquale Tridico arriva in piazza Duomo a Reggio Calabria con un entusiasmo che ha quasi il sapore dell’ingenuità, ma che in realtà è la forza di chi non ha paura di sporcarsi le scarpe girando i paesi, incontrando sindaci e cittadini. «Ho la sensazione netta che vinciamo», dice, e lo dice con la certezza di chi ha percorso la Calabria dall’Aspromonte al Pollino, raccogliendo il calore della gente, i bisogni mai ascoltati e le speranze calpestate da decenni di promesse non mantenute. Il suo programma ha l’ambizione dei grandi cantieri e la semplicità delle cose necessarie: un polo tecnologico e formativo a Reggio, «capitale di questo Mezzogiorno da far rinascere», aeroporti da rafforzare, trasporti adeguati, università capaci di produrre ricerca e futuro. E soprattutto una sanità che torni a funzionare, fuori dal commissariamento che da anni soffoca la Calabria come un cappio. «Faremo un grande piano di assunzione di medici», annuncia, chiedendo a Giorgia Meloni di mantenere la parola data. Qui il contrasto con Occhiuto e il centrodestra è netto. Tridico insiste sull’“onestà, competenza e umiltà di stare tra la gente”. E lancia l’accusa: «Occhiuto non l’ha visto mai nessuno nei paesi che noi abbiamo visitato». Non è un dettaglio folkloristico: in politica, la presenza fisica vale più di mille discorsi. Chi non c’è, chi non ascolta, chi non tocca con mano, finisce per governare dall’alto come un principe, non come un servitore dello Stato. Accanto a lui, Giuseppe Conte non usa giri di parole. Accusa Occhiuto di «una furbata contro la democrazia», di aver forzato le regole, chiedendo un plebiscito per nascondere difficoltà e inchieste pendenti. «Siamo stati costretti a inseguire — dice — ma sull’onda di un moto popolare pensiamo di poterla vincere questa rincorsa». E ancora: «Occhiuto non è stato trasparente come amministratore e c’è un principio di etica pubblica che non ha rispettato». In Calabria — e in Italia — la democrazia è sempre una corsa in salita, e chi governa tende a trasformarla in una proprietà privata. Chiamandola con il suo nome, furbata è un eufemismo, quando si tratta di piegare le regole per restare incollati alla poltrona. Eppure, oggi come ieri, la scelta sta tutta qui: tra l’arroganza di chi comanda e l’umiltà di chi prova a servire. Tridico e Conte non offrono miracoli, ma un ritorno all’essenziale: sanità, lavoro, trasporti, dignità. La Calabria non ha bisogno di un altro padrone che chiede obbedienza. Ha bisogno di un governo che conosca la fatica delle sue strade dissestate, il dolore dei giovani costretti a partire, la voce di chi è rimasto indietro. All’arroganza di Occhiuto e del suo centrodestra si risponde solo così: con l’umiltà, la competenza e l'onestà. Non c’è altro antidoto. Luigi Palamara Tutti i diritti riservati Reggio Calabria 3 ottobre 2025 #reggiocalabria #calabria #pasqualetridico #giuseppeconte #piazzaduomo ♬ suono originale - Luigi Palamara
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