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Il cuore non dimentica

Il cuore non dimentica

Editoriale di Luigi Palamara 

Che cos’è il destino, se non un regista ironico e crudele, capace di riscrivere le trame della nostra vita con una precisione che sfiora il soprannaturale? Una madre scopre che il cuore trapiantato nel corpo esile e martoriato di suo figlio apparteneva al suo primo amore. Non una metafora, non una licenza poetica, ma un fatto. Anatomico, chirurgico, eppure carico di una densità emotiva che nessuna scienza saprebbe misurare.

La cronaca, se letta con l’occhio asciutto e disincantato di un burocrate della realtà, ci consegna solo una coincidenza. Un nome, una cartella clinica, una firma sul consenso alla donazione. Ma la verità—quella che pulsa sotto la pelle delle cose—è un’altra. È che il cuore, quell’organo tanto fisico quanto simbolico, ha memoria. Ricorda ciò che la mente ha voluto dimenticare. Batte, e con ogni battito si fa testimone e complice di ciò che fummo, di ciò che amammo, di ciò che perdemmo.

C’è qualcosa di profondamente ingiusto e allo stesso tempo terribilmente umano in questa storia. La madre, smarrita in un turbine che è insieme lutto e resurrezione, si ritrova a cullare suo figlio con lo stesso battito che, anni prima, le faceva tremare le ginocchia e accendere le guance. È un ritorno non richiesto, un amarcord chirurgico. Il tempo, che si credeva lineare, implode. E il cuore—letteralmente—torna a casa.

Ma attenzione. Non è solo una favola malinconica. Non è solo una storia da raccontare per piangere un po’, magari davanti al telegiornale delle venti. No. È anche una dannazione. È un monito. Perché ci ricorda che viviamo credendo che il cuore sia nostro, e nostro soltanto, quando invece appartiene al mondo, agli altri, a chi verrà dopo.

E allora non è solo tristezza e nostalgia. È la vita, che ci trascina a forza nel suo flusso, costringendoci a sentire, a ricordare, a battere. Una vita fatta di cuori che pulsano senza sosta, ovunque, da Tokyo a Buenos Aires, da Palermo a Kabul. Un'orchestra silenziosa e potente, che spesso ignoriamo fino a quando—inevitabilmente—la musica si ferma.

E sarà allora, in quel silenzio definitivo, che capiremo quanto ci ha fatto vivere quel piccolo motore cieco e testardo. E forse, solo forse, ci chiederemo: quel cuore che ho avuto, per chi batteva davvero?

Luigi Palamara Tutti I diritti riservati 

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@luigi.palamara Il cuore non dimentica Editoriale di Luigi Palamara Che cos’è il destino, se non un regista ironico e crudele, capace di riscrivere le trame della nostra vita con una precisione che sfiora il soprannaturale? Una madre scopre che il cuore trapiantato nel corpo esile e martoriato di suo figlio apparteneva al suo primo amore. Non una metafora, non una licenza poetica, ma un fatto. Anatomico, chirurgico, eppure carico di una densità emotiva che nessuna scienza saprebbe misurare. La cronaca, se letta con l’occhio asciutto e disincantato di un burocrate della realtà, ci consegna solo una coincidenza. Un nome, una cartella clinica, una firma sul consenso alla donazione. Ma la verità—quella che pulsa sotto la pelle delle cose—è un’altra. È che il cuore, quell’organo tanto fisico quanto simbolico, ha memoria. Ricorda ciò che la mente ha voluto dimenticare. Batte, e con ogni battito si fa testimone e complice di ciò che fummo, di ciò che amammo, di ciò che perdemmo. C’è qualcosa di profondamente ingiusto e allo stesso tempo terribilmente umano in questa storia. La madre, smarrita in un turbine che è insieme lutto e resurrezione, si ritrova a cullare suo figlio con lo stesso battito che, anni prima, le faceva tremare le ginocchia e accendere le guance. È un ritorno non richiesto, un amarcord chirurgico. Il tempo, che si credeva lineare, implode. E il cuore—letteralmente—torna a casa. Ma attenzione. Non è solo una favola malinconica. Non è solo una storia da raccontare per piangere un po’, magari davanti al telegiornale delle venti. No. È anche una dannazione. È un monito. Perché ci ricorda che viviamo credendo che il cuore sia nostro, e nostro soltanto, quando invece appartiene al mondo, agli altri, a chi verrà dopo. E allora non è solo tristezza e nostalgia. È la vita, che ci trascina a forza nel suo flusso, costringendoci a sentire, a ricordare, a battere. Una vita fatta di cuori che pulsano senza sosta, ovunque, da Tokyo a Buenos Aires, da Palermo a Kabul. Un'orchestra silenziosa e potente, che spesso ignoriamo fino a quando—inevitabilmente—la musica si ferma. E sarà allora, in quel silenzio definitivo, che capiremo quanto ci ha fatto vivere quel piccolo motore cieco e testardo. E forse, solo forse, ci chiederemo: quel cuore che ho avuto, per chi batteva davvero? Luigi Palamara Tutti I diritti riservati #editoriale #luigipalamara #palamaraluigi #luispal #luipal #lupa ♬ suono originale - Luigi Palamara

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