Sopravvivere all’innocenza. Il caso Sposato e l’Italia che punisce prima di giudicare
di Luigi Palamara
Taurianova (Reggio Calabria), 1 luglio 2025 – Si chiude oggi il lungo e doloroso capitolo giudiziario che ha coinvolto Domenico Francesco Sposato. Il Tribunale di Reggio Calabria ha disposto la restituzione dei beni immobili e mobili a lui sottratti anni fa, segnando la parola fine a una vicenda che ha segnato la sua vita e la sua azienda. Fine giuridica, sì. Ma non morale, né civile.
Sposato era stato arrestato nell’ambito di un procedimento penale legato alla cosca Longo di Polistena. È rimasto in carcere, ha visto compromessa la propria salute, è stato esposto alla gogna pubblica. Alla fine, è stato assolto con formula piena: “perché il fatto non sussiste.” Ma quella sentenza, arrivata troppo tardi, ha liberato un uomo, non restituito ciò che è stato tolto.
Va sottolineato che le istituzioni, in una democrazia matura, dovrebbero operare non solo in nome della giustizia formale, ma anche di un senso profondo di equità e riparazione. La società ha bisogno di simboli positivi, non di vittime silenziose lasciate sole a ricostruirsi.
“È stato assolto. Ma intanto ha fatto gli anni. E i magistrati? Hanno fatto carriera.”
Già, perché in Italia la giustizia talvolta si esercita come una roulette etica: tu intanto soffri, poi si vedrà. E se sarai innocente, qualcuno forse lo scriverà in fondo a un verbale. Nessuno, però, risarcirà il tempo perduto, la reputazione calpestata, la vita lasciata in stand-by.
La vicenda Sposato è l’ennesima spia di un sistema giudiziario che conosce solo due tempi: la lentezza e l’irreparabilità. Un Paese civile non può continuare a funzionare sulla presunzione rovesciata: sei colpevole fino a prova contraria, e comunque marcirai nel frattempo.
Non basta l’assoluzione. Occorre responsabilità. Non solo da parte dell’imputato, ma soprattutto da parte di chi indaga, arresta, sequestra. La libertà non può essere un prestito dello Stato. Deve essere la sua regola.
A difendere Domenico Francesco Sposato sono stati gli avvocati Giacomo Iaria (Foro di Reggio Calabria), Girolamo Albanese (Foro di Palmi), e Antonella Madaffari (Foro di Reggio Calabria). A loro va riconosciuto il merito di una battaglia vinta. Ma in un Paese davvero giusto, quella battaglia non sarebbe mai dovuta cominciare.
“La giustizia è lenta. Ma l’ingiustizia, da noi, arriva sempre puntuale.”
Luigi Palamara
Nella foto gli Avvocati Giacomo Iaria e Antonella Modaffari del Foro di Reggio Calabria
0 Commenti