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Veronese, i contatori e la politica del sospetto: quando l’acqua diventa benzina

Veronese, i contatori e la politica del sospetto: quando l’acqua diventa benzina
Editoriale di Luigi Palamara
Nel silenzio di una Reggio Calabria che boccheggia tra dissesto e attese elettorali, deflagra improvvisamente un caso che ha il sapore del paradosso e l’odore – pungente – della manovra politica. Simone Veronese, professore di educazione fisica, attivista, già legato all’ex governatore Mario Oliverio, diventa protagonista assoluto di una denuncia clamorosa: «Il Comune di Reggio Calabria ruba l’acqua. Niente contatori negli immobili pubblici, danno erariale milionario».

Toni duri, accuse pesanti, esposti formalizzati a Guardia di Finanza, Corte dei Conti e Procura. E, come spesso accade, titoloni immediati e indignazione a cascata. Ma la domanda – quella vera – non riguarda tanto il merito tecnico della denuncia (che andrà verificata in sede competente), quanto il tempismo e la regia.

Che ruolo ha oggi Simone Veronese? È il cittadino vigile che finalmente squarcia il velo dell’inefficienza pubblica? O è piuttosto una pedina consapevole o inconsapevole in uno schema più ampio, orchestrato da altri? E, soprattutto: chi lo ha "riacceso", dopo anni di silenzio politico?

C’è chi ricorda le sue strette vicinanze al centrosinistra, in particolare a Oliverio, nei tempi in cui il Pd calabrese provava a reggere la propria impalcatura regionale. Oggi, lo stesso Veronesi parla e agisce come se avesse ricevuto l’unzione di una nuova appartenenza: più vicina alla Lega che al vecchio riformismo meridionale.

È conversione o convenienza?

Il rischio, evidente, è che la battaglia per la trasparenza si trasformi in una boutade strumentale, utile più a colpire simbolicamente l’amministrazione Falcomatà che non a restituire legalità. Del resto, che a Reggio Calabria ci siano falle gestionali nei servizi essenziali non è notizia fresca. Ma perché queste denunce esplodono adesso, a pochi mesi da una campagna elettorale cruciale?

Chi si muove con certe strategie sa bene che la percezione precede la realtà, soprattutto nel Mezzogiorno, dove i processi mediatici hanno spesso più peso delle sentenze. L’acqua – qui – è diventata benzina, pronta a infiammare l’agenda politica locale.

A gettare acqua sul fuoco, in senso figurato, è però il vicesindaco Paolo Brunetti, che smonta punto per punto l’accusa e alza il livello dello scontro.

> “Da Veronesi affermazioni false, gravi e strumentali. Il Comune ha già avviato le verifiche necessarie e si riserva ogni azione a tutela dell’Ente e degli amministratori”, attacca in una nota ufficiale.

Brunetti chiarisce che la gestione dell’acqua negli immobili pubblici è stata, fino al 2022, di competenza comunale e che l’Ente non poteva certo fatturare a se stesso i consumi interni. L’operazione, definita “priva di senso sostanziale”, viene bollata come una mistificazione strumentale. Quanto poi alla cifra di 30 milioni di euro di presunto danno, il vicesindaco osserva come Veronesi non abbia alcuna competenza tecnica in materia, né accesso a documentazione idonea a sostenere simili valutazioni.

> “Le dichiarazioni sono infondate. L’Ente vanta a sua volta crediti verso Sorical e il passaggio al servizio idrico integrato è tuttora in corso, in un quadro complesso e normativamente mutevole.”

In altri tempi, una polemica del genere sarebbe stata liquidata come “accademica”. Oggi, nel clima pre-elettorale, diventa carburante per una narrazione al vetriolo, tra indignazioni programmate e calcoli a tavolino.

Ma se c’è un punto su cui Brunetti e Veronesi sembrano, paradossalmente, convergere, è l’urgenza di fare chiarezza pubblica, sebbene da angolazioni opposte: il primo per difendere l’onorabilità dell’Ente, il secondo per brandire la bandiera della trasparenza.

Eppure, tra sospetti, retroscena e indignazioni a comando, il rischio è uno solo: che anche una questione importante, come la gestione idrica, venga sacrificata sull’altare del tornaconto elettorale. Sarebbe un altro danno, forse più grave dei contatori mancanti.

In fondo, “le rivoluzioni sono belle solo quando si fanno con la verità e senza il fango”.

Adesso la città, più che proclami e battaglie personali, attende una cosa sola: i fatti. E magari qualche bolletta. Anche da chi l’acqua l’ha sempre avuta gratis.

Luigi Palamara

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