Il silenzio degli eroi: quando il calcio piange come un uomo
Editoriale di Luigi Palamara
Ci sono momenti in cui persino lo stadio più rumoroso d’Europa tace. Non per noia, non per protesta. Ma per rispetto. Perché il dolore, quello vero, quello che stringe la gola e piega le gambe, non ha bisogno di parole. E Anfield, in questo giorno funesto, ha parlato nel suo silenzio più eloquente di mille cori.
Diogo Jota non era solo un calciatore. Era un simbolo della dedizione, della modestia, di quel talento che non si esibisce, ma lavora in silenzio. E forse proprio per questo i suoi tifosi, oggi, lo hanno salutato così: con lo stesso pudore con cui lui entrava in campo, ogni domenica.
L’amore collettivo si manifesta nei riti. E cos’è, se non un rito sacro, quel tappeto di sciarpe, fiori e messaggi che ha coperto i cancelli dello stadio? In ogni petalo, un grazie. In ogni sciarpa, un ricordo. In ogni volto, lo sgomento di chi ha perso un amico, prima ancora che un idolo.
Nel calcio moderno non c’è più spazio per gli uomini, ma solo per le immagini. Eppure oggi, Diogo Jota è tornato uomo. Uscito dallo schermo, dal tabellino, dal numero sulla maglia, è entrato nella carne e nel cuore di chi l’ha amato senza conoscerlo.
Morto a dieci giorni dal matrimonio, con tre figli ora senza padre, Diogo ci ricorda che dietro ogni calciatore c’è un uomo. E dietro ogni uomo, un destino che non guarda il pallone, né i milioni, né la gloria.
In un mondo che corre, che dimentica, che trasforma tutto in spettacolo, Anfield ha saputo fermarsi. Ha saputo piangere. E in quel pianto ha detto, senza bisogno di microfoni: You'll Never Walk Alone, Diogo.
Perché ci sono addii che non si consumano nel tempo. Ma si scolpiscono nella memoria collettiva. E restano. Come restano gli eroi. Anche quando non ci sono più.
Luigi Palamara Tutti i diritti riservati
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@luigi.palamara Il silenzio degli eroi: quando il calcio piange come un uomo Editoriale di Luigi Palamara Ci sono momenti in cui persino lo stadio più rumoroso d’Europa tace. Non per noia, non per protesta. Ma per rispetto. Perché il dolore, quello vero, quello che stringe la gola e piega le gambe, non ha bisogno di parole. E Anfield, in questo giorno funesto, ha parlato nel suo silenzio più eloquente di mille cori. Diogo Jota non era solo un calciatore. Era un simbolo della dedizione, della modestia, di quel talento che non si esibisce, ma lavora in silenzio. E forse proprio per questo i suoi tifosi, oggi, lo hanno salutato così: con lo stesso pudore con cui lui entrava in campo, ogni domenica. L’amore collettivo si manifesta nei riti. E cos’è, se non un rito sacro, quel tappeto di sciarpe, fiori e messaggi che ha coperto i cancelli dello stadio? In ogni petalo, un grazie. In ogni sciarpa, un ricordo. In ogni volto, lo sgomento di chi ha perso un amico, prima ancora che un idolo. Nel calcio moderno non c’è più spazio per gli uomini, ma solo per le immagini. Eppure oggi, Diogo Jota è tornato uomo. Uscito dallo schermo, dal tabellino, dal numero sulla maglia, è entrato nella carne e nel cuore di chi l’ha amato senza conoscerlo. Morto a dieci giorni dal matrimonio, con tre figli ora senza padre, Diogo ci ricorda che dietro ogni calciatore c’è un uomo. E dietro ogni uomo, un destino che non guarda il pallone, né i milioni, né la gloria. In un mondo che corre, che dimentica, che trasforma tutto in spettacolo, Anfield ha saputo fermarsi. Ha saputo piangere. E in quel pianto ha detto, senza bisogno di microfoni: You'll Never Walk Alone, Diogo. Perché ci sono addii che non si consumano nel tempo. Ma si scolpiscono nella memoria collettiva. E restano. Come restano gli eroi. Anche quando non ci sono più. Luigi Palamara Tutti i diritti riservati #diogojota #20 #liverpool #portogallo #calcio #editoriale #luigipalamara #palamaraluigi #luispal #luipal #lupa ♬ suono originale - Luigi Palamara
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