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LA GUARDIA DI FINANZA ENTRA NELLE STANZE DEI BOTTONI.È LA NUOVA TANGENTOPOLI TARGATA CALABRIA?

La Calabria di Occhiuto rischia di passare da: ora parlo io a ORA PIANGO IO.
LA GUARDIA DI FINANZA ENTRA NELLE STANZE DEI BOTTONI.
È  LA NUOVA TANGENTOPOLI TARGATA CALABRIA?

Editoriale di Luigi Palamara

C’è un momento – breve ma definitivo – in cui il potere perde il suo aplomb. Non è il giorno della sentenza, né quello dell’arresto. È il giorno in cui i finanzieri suonano il campanello. O peggio: non suonano affatto, entrano.

Alla Cittadella regionale di Catanzaro, quel momento è arrivato. Ed è stato un risveglio amaro. La Guardia di Finanza ha varcato i cancelli blindati della sede del governo calabrese con fare chirurgico, perquisendo gli uffici dei Dipartimenti Salute ed Economia. I piani nevralgici – il terzo e l’ottavo – sono stati setacciati in silenzio. Nessun clamore. Nessuna conferenza stampa. Ma tutti hanno capito.

Il potere, in Calabria, ha spesso il respiro corto e la memoria lunga. Si regge su alleanze sfuggenti, su equilibri faticosamente mantenuti, su promesse e promozioni sussurrate nei corridoi. Ma quando lo Stato – quello vero – bussa, il castello si scopre fragile. E allora si tace. E il silenzio – oggi – pesa più di un’ammissione.

Il paradosso Calabrese: un agronomo a capo della Sanità, un’ombra sulla trasparenza
C’è un dato che grida, pur nel mutismo generale: Tommaso Calabrò, dirigente generale della Sanità regionale – sì, un agronomo – ha subito una perquisizione domiciliare. Gli sono stati sequestrati telefoni, computer. Nulla di ufficiale, certo. Nessuna accusa formale. Ma nel linguaggio della magistratura, l’assenza di commenti vale più di mille comunicati. Il nome è sul tavolo. Ed è un nome di peso.

Dicono le fonti – non confermate, ma nemmeno smentite – che l’indagine ruoti attorno a accreditamenti sospetti, incarichi conferiti senza titoli, nomine piegate a logiche non istituzionali. E che in filigrana si intraveda il profilo di una sanità regionale privatizzata nei metodi, più che nei mezzi.

La clinica Dulbecco, il medico arrestato e la tessitura invisibile dei favori
Il tempismo dell’operazione odierna non è casuale. Solo ieri, infatti, un medico della clinica Dulbecco e la sua segretaria sono finiti in arresto. Accuse? Liste d’attesa truccate, gestione "familiare" dei pazienti, il sospetto di una mano politica che garantiva coperture.

E ora qualcuno si domanda: tutto questo è collegato? La risposta, per ora, è “forse”. Ma in Calabria, il “forse” è già un campanello d’allarme.

Il sistema sotto vetro: il nodo della fiducia
Non siamo di fronte a una “tangentopoli” calabrese. Non ancora. Ma siamo, certamente, all’inizio di un’indagine sistemica, dove la burocrazia diventa protagonista. Dove le firme valgono più delle parole, e gli incastri contabili raccontano più di mille dossier.

Ecco il punto vero: questa è una crisi di fiducia. Non solo verso gli uomini, ma verso l’intero apparato. La Regione, che si ergeva a simbolo di rilancio post-pandemico, con parole chiave come "digitalizzazione", "efficienza", "governo dei dati", oggi si scopre vulnerabile. Anzi, opaca.

Occhiuto: l’uomo solo al comando (che ora non comanda più)
In questo scenario si staglia, isolato, il profilo del Presidente Roberto Occhiuto. È lui, in fondo, la figura che più rischia – non giudiziariamente, ma politicamente. Ha ricevuto un solo avviso di garanzia , non è oggetto diretto di indagini. Ma è il vertice. E quando il palazzo traballa, il tetto non può dichiararsi estraneo alle fondamenta.

Occhiuto rappresentava – e forse ancora rappresenta – la speranza di una destra tecnocratica, europeista, efficiente. Ma il blitz alla Cittadella cambia il frame. Il presidente che ieri diceva “ora parlo io”, oggi rischia di apparire come quello che sussurra “ora piango io”.


La tempesta è dentro
Non c’è bisogno di condanne per dire che la politica calabrese è sotto schiaffo. Il blitz non è solo un atto giudiziario: è un colpo simbolico al cuore dell’istituzione. Non per ciò che è stato scoperto, ma per ciò che si teme sia stato nascosto. La Calabria non può permettersi l’ennesimo scandalo, l’ennesima fiducia tradita, l’ennesima stagione di ombre.

Ma intanto, alla Cittadella, la tempesta è già entrata. E quando i muri parlano – come oggi – è solo questione di tempo prima che qualcuno debba rispondere.

Luigi Palamara 

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