Italo, non siete degni neanche di nominarlo.
L'attesa, l’arroganza e l’illusione: cronaca di una città che merita di più
Editoriale di Luigi Palamara
Stiamo contando i giorni… e non vediamo l’ora.
Già. Ma vedere l’ora di cosa, esattamente? Del nuovo? Del diverso? Del “tanto peggio tanto meglio”? Le ore passano, i giorni anche, e con loro pure la pazienza di chi guarda a questa città con amore e non con brama di potere.
Il Sindaco Giuseppe Falcomatà – piaccia o no – non potrà, purtroppo, candidarsi per la terza volta. Avrei voluto vederlo in campo, per capire come sarebbe finita davvero, sul serio. Perché lui ha continuato e continua a macinare politica come si lavora un mestiere antico: con garbo, visione e senso della misura. Nonostante una sospensione ingiusta.
Dall’altra parte, intanto, c’è chi scalpita come se la partita fosse già vinta, come se bastasse presentarsi per incassare. E invece no. In politica, come nella vita, l’eredità non si ruba: si conquista.
I suoi denigratori – e il termine è sin troppo elegante – sembrano convinti che basti alzare il tono, insultare, riempire le piazze virtuali di proclami e facili slogan. Troppo facile. E troppo vuoto. Seduti in cattedra a impartire lezioni che nemmeno in un’aula d’asilo avrebbero senso, pretendono di passare per autorevoli. Ma l’autorevolezza nasce dalla credibilità, e questa non si compra né si improvvisa.
La città non ha bisogno di comparse, né di mestieranti del malumore. Ha bisogno di idee, di energie nuove, di entusiasmo vero. Non delle solite figurine spente e scontate, di quegli antipatici per curriculum e DNA, pronti solo a cavalcare l’onda del rancore.
Sappiatelo: così la città va in malora.
Occhio alle scelte, dunque. Occhio ai venditori di fumo che vi martellano ogni giorno. Lo fanno non per amor di Reggio, ma per occultare la loro inadeguatezza. Pensate, solo per un attimo, a cosa accadrebbe se uno di questi soggetti finisse a Palazzo San Giorgio. Da brividi. Ma non di emozione. Di paura.
I reggini hanno sempre scelto con la testa e con il cuore. E sapranno farlo ancora. Non si faranno ingannare da chi, per mancanza di argomenti, usa il nome di Italo Falcomatà come grimaldello per accattivarsi un briciolo di consenso. Vergogna. Non siete degni nemmeno di nominarlo.
Abbiate rispetto. E se proprio non ce la fate, abbiate almeno il buon gusto di tacere.
Luigi Palamara Tutti I diritti riservati
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