La resa dei conti di Occhiuto, e il tempo che la Calabria non ha
Editoriale di Luigi Palamara
Manca poco all’interrogatorio del presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto. Un uomo che fino a ieri era la bandiera del centro-destra meridionale, oggi è una figura sospesa tra la gloria amministrativa e il sospetto corruttivo. Un politico, un presidente, un cittadino che si dice “stuprato” dall’accusa, e che si dichiara pronto a essere interrogato “al buio”, a mani nude, come un gladiatore nell’arena. Ma il sangue che si cerca in questa arena non è solo il suo — è quello della Calabria intera.
La sensazione, inutile nasconderlo, è quella di una resa dei conti. Ma chi conta davvero in questa partita? La magistratura, che ha il dovere di indagare e il potere di travolgere? La politica, che si schiera a prescindere dai fatti? O è forse l’opinione pubblica, che non sa più di chi fidarsi e si rifugia in un cinismo sfiancato?
Sarà questa la fine di Occhiuto? Forse. Ma potrebbe anche essere solo un’altra pagina nel grande libro delle inchieste che cominciano con clamore e finiscono nel nulla. Un copione già visto. Troppe volte. Anche i più garantisti, però, non possono ignorare un dato: il tempo della giustizia non è il tempo della Calabria. La regione, storicamente ingolfata tra emergenze sanitarie, trasporti inesistenti e riforme mai nate, non può permettersi una leadership dimezzata. Un presidente che, anche solo per onestà intellettuale, governa con un piede in aula consiliare e uno in tribunale.
C’è qualcosa di tragicamente italiano — e insieme profondamente calabrese — in questa storia. Un uomo al vertice, accusato di aver ricevuto decine di migliaia di euro per incarichi incompatibili. Un intreccio di sanità, ferrovie, enti e burocrazie opache. E poi giornali, veline, sospetti, dichiarazioni roboanti, accuse e difese. Ma la verità? La verità, come sempre, la pagano i cittadini. Quelli che aspettano un treno che non arriva. Una visita medica che non si prenota. Un lavoro che non si trova. Una giustizia che non chiarisce.
C'è chi grida all’onore infangato e si chiede — con rabbia e dolore — dove sia finita l’Italia della dignità. Altri, più cinici, guardano Occhiuto e pensano: “Questo è l’uomo. Troppo furbo per cadere per caso. Troppo visibile per cadere da solo.”
E allora eccoci qui, a pochi giorni dal confronto decisivo. Che sia un epilogo o una tappa, poco importa. La Calabria ha bisogno di risposte. Veloci. Certe. Inequivocabili. E ha bisogno di politica. Quella vera, che non si trincera dietro le inchieste, né si affida alle toghe per regolare i conti. Se Occhiuto ha sbagliato, paghi. Se è innocente, venga liberato dal sospetto — subito, senza retorica.
Perché, a ogni minuto perso in questo limbo, la Calabria arretra. E questa sì, è un’accusa che non assolve nessuno.
Luigi Palamara Tutti I diritti riservati
Reggio Calabria 22 luglio 2025
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