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La sindrome del premiato permanente. Tutti premiati, nessuno eccellente

La sindrome del premiato permanente
Tutti premiati, nessuno eccellente

Editoriale di Luigi Palamara


In una città che non conosce più il rossore della vergogna, ma solo il lucore dei riflettori, i premi si distribuiscono come caramelle nelle fiere di paese. Premi alla carriera di chi una carriera non l’ha mai fatta, alla speranza di chi vive solo di apparenze, alla memoria di ciò che sarebbe meglio dimenticare. Premi al sogno, ma rigorosamente a occhi chiusi, perché guai a svegliarsi.

Premi come sandwich farciti con nulla, serviti con tovagliolo e inchino. A turno, come in una riffa ben organizzata, si designa il fortunato: oggi tu, domani io. Non importa se c’è merito. Importa se c’è convenienza.

I riconoscimenti fioccano non per premiare l’eccellenza, ma per alimentare il clientelismo, l’autocelebrazione, la fotografia sul palco. E infatti, chiedete perché qualcuno è stato premiato: otterrete silenzi, balbettii, oppure la risposta più odiosa e onesta nel suo cinismo: “Perché sì”.

Viviamo il tempo dell’“eccellenza” infondata, della medaglia senza medaglia, della standing ovation per l’ordinario. E guai a dire che il Re è nudo, guai a far notare che spesso, sotto le paillettes, c’è il vuoto.

Nel frattempo, chi davvero lavora, chi suda, chi non sa nemmeno che esista un premio perché troppo impegnato a fare, resta nell’ombra. E ci resta perché non urla, non chiede, non bussa ai portoni del potere con la targhetta in mano.

Ma attenzione: c’è più dignità nel silenzio di chi fa che nel rumore di chi riceve.

Una società che non riconosce il merito, ma premia la docilità, l’amicizia, la presenza strategica, è una società destinata a premiare se stessa. E, come in ogni ciclo che si rispetti, a morire di autoreferenzialità.

Finché non ci sarà qualcuno che, come si faceva un tempo con la stampa libera, torni a dire: “Io non ci sto.

E magari, un giorno, si tornerà a premiare chi lo merita. Non chi è comodo.

Firmato: Un cronista stanco di applausi fasulli.

Luigi Palamara

P.S. Mai ricevuto un premio ... almeno non a Reggio Calabria.

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