La terrazza del tempo
di Luigi Palamara
Mi è capitata tra le mani una fotografia. Una di quelle che non si cercano, ma che ti trovano loro. Era infilata tra le pagine di un libro dimenticato, o forse era là da sempre, in attesa che il tempo decidesse che fosse ora di tornare.
Avevo vent’anni. Era il 1981.
Indossavo una serafino Fruit of the Loom, jeans Rifle e stivaletti in tela, quelli che oggi i ragazzi comprano a caro prezzo nei negozi di moda finta. Ma allora erano semplicemente le scarpe con cui si camminava, si ballava, si correva verso il futuro.
Ero sulla terrazza di casa mia, a Roccaforte del Greco, nel cuore forte, arcigno e bellissimo dell’Aspromonte.
La ringhiera in ferro battuto pitturata a mano. La vista sulle case che mi hanno cresciuto e tradito, amato e deluso, come ogni cosa vera fa.
Dietro le spalle, la casa del mio primo amore. E già qui potrei chiudere tutto: perché ci sono pochi momenti più autentici nella vita di un uomo che quello in cui si volta, e vede alle proprie spalle i ricordi del cuore, e davanti, ancora, la voglia di fare.
Sì, la voglia. Quella non mi ha mai lasciato.
Non la fama. Non l’ambizione. Non la foga del successo. La voglia. Di essere all’altezza.
Di me stesso, prima di tutto. Dei tanti talenti che ho avuto in dote, e della fortuna – sì, fortuna – che mi ha preso per mano fin da bambino e non mi ha più lasciato.
Perché se c’è una cosa che i vent’anni non sanno, ma che i sessanta (o i settanta) ti urlano addosso, è che la vita non è un diritto. È un regalo. E va restituito. A chi te l’ha dato.
Per questo oggi, guardando quella foto, dico grazie.
Grazie a mia madre Angelina, che con un cucchiaio e uno sguardo ha fatto crescere uomini.
Grazie a mio padre Peppino, che non ha mai fatto grandi discorsi, ma mi ha insegnato tutto con il silenzio.
Grazie a chi mi ha amato, a chi mi ha lasciato, a chi c’è ancora e a chi non potrà più esserci. Perché tutti, nessuno escluso, hanno fatto parte del mio viaggio.
E se c’è un senso in tutto questo – e non sono certo io a doverlo trovare – è che la vita non torna mai indietro, ma ogni tanto ti manda una cartolina. Una terrazza. Una foto. Un ragazzo che credeva in tutto. E che, in fondo, non ha mai smesso di crederci.
Io vivo così. Da sempre. Fino alla fine.
Perché la vita è bella, sì. Ma solo se hai il coraggio di ricordarla. E di onorarla.
Luigi Palamara Tutti i diritti riservati
#luigipalamara #palamaraluigi #luispal #luipal #lupa #aspromonte #roccafortedelgreco #angelina
#peppino
@luigi.palamara La terrazza del tempo di Luigi Palamara Mi è capitata tra le mani una fotografia. Una di quelle che non si cercano, ma che ti trovano loro. Era infilata tra le pagine di un libro dimenticato, o forse era là da sempre, in attesa che il tempo decidesse che fosse ora di tornare. Avevo vent’anni. Era il 1981. Indossavo una derafino Fruit of the Loom, jeans Rifle e stivaletti in tela, quelli che oggi i ragazzi comprano a caro prezzo nei negozi di moda finta. Ma allora erano semplicemente le scarpe con cui si camminava, si ballava, si correva verso il futuro. Ero sulla terrazza di casa mia, a Riccaforte del Greco, nel cuore forte, arcigno e bellissimo dell’Aspromonte. La ringhiera in ferro battuto pitturata a mano. La vista sulle case che mi hanno cresciuto e tradito, amato e deluso, come ogni cosa vera fa. Dietro le spalle, la casa del mio primo amore. E già qui potrei chiudere tutto: perché ci sono pochi momenti più autentici nella vita di un uomo che quello in cui si volta, e vede alle proprie spalle i ricordi del cuore, e davanti, ancora, la voglia di fare. Sì, la voglia. Quella non mi ha mai lasciato. Non la fama. Non l’ambizione. Non la foga del successo. La voglia. Di essere all’altezza. Di me stesso, prima di tutto. Dei tanti talenti che ho avuto in dote, e della fortuna – sì, fortuna – che mi ha preso per mano fin da bambino e non mi ha più lasciato. Perché se c’è una cosa che i vent’anni non sanno, ma che i sessanta (o i settanta) ti urlano addosso, è che la vita non è un diritto. È un regalo. E va restituito. A chi te l’ha dato. Per questo oggi, guardando quella foto, dico grazie. Grazie a mia madre Angelina, che con un cucchiaio e uno sguardo ha fatto crescere uomini. Grazie a mio padre Peppino, che non ha mai fatto grandi discorsi, ma mi ha insegnato tutto con il silenzio. Grazie a chi mi ha amato, a chi mi ha lasciato, a chi c’è ancora e a chi non potrà più esserci. Perché tutti, nessuno escluso, hanno fatto parte del mio viaggio. E se c’è un senso in tutto questo – e non sono certo io a doverlo trovare – è che la vita non torna mai indietro, ma ogni tanto ti manda una cartolina. Una terrazza. Una foto. Un ragazzo che credeva in tutto. E che, in fondo, non ha mai smesso di crederci. Io vivo così. Da sempre. Fino alla fine. Perché la vita è bella, sì. Ma solo se hai il coraggio di ricordarla. E di onorarla. Luigi Palamara Tutti i diritti riservati #luigipalamara #palamaraluigi #luispal #luipal #lupa #aspromonte #roccafortedelgreco #angelina #peppino ♬ suono originale - Luigi Palamara
@luigi.palamara La terrazza del tempo di Luigi Palamara Mi è capitata tra le mani una fotografia. Una di quelle che non si cercano, ma che ti trovano loro. Era infilata tra le pagine di un libro dimenticato, o forse era là da sempre, in attesa che il tempo decidesse che fosse ora di tornare. Avevo vent’anni. Era il 1981. Indossavo una derafino Fruit of the Loom, jeans Rifle e stivaletti in tela, quelli che oggi i ragazzi comprano a caro prezzo nei negozi di moda finta. Ma allora erano semplicemente le scarpe con cui si camminava, si ballava, si correva verso il futuro. Ero sulla terrazza di casa mia, a Riccaforte del Greco, nel cuore forte, arcigno e bellissimo dell’Aspromonte. La ringhiera in ferro battuto pitturata a mano. La vista sulle case che mi hanno cresciuto e tradito, amato e deluso, come ogni cosa vera fa. Dietro le spalle, la casa del mio primo amore. E già qui potrei chiudere tutto: perché ci sono pochi momenti più autentici nella vita di un uomo che quello in cui si volta, e vede alle proprie spalle i ricordi del cuore, e davanti, ancora, la voglia di fare. Sì, la voglia. Quella non mi ha mai lasciato. Non la fama. Non l’ambizione. Non la foga del successo. La voglia. Di essere all’altezza. Di me stesso, prima di tutto. Dei tanti talenti che ho avuto in dote, e della fortuna – sì, fortuna – che mi ha preso per mano fin da bambino e non mi ha più lasciato. Perché se c’è una cosa che i vent’anni non sanno, ma che i sessanta (o i settanta) ti urlano addosso, è che la vita non è un diritto. È un regalo. E va restituito. A chi te l’ha dato. Per questo oggi, guardando quella foto, dico grazie. Grazie a mia madre Angelina, che con un cucchiaio e uno sguardo ha fatto crescere uomini. Grazie a mio padre Peppino, che non ha mai fatto grandi discorsi, ma mi ha insegnato tutto con il silenzio. Grazie a chi mi ha amato, a chi mi ha lasciato, a chi c’è ancora e a chi non potrà più esserci. Perché tutti, nessuno escluso, hanno fatto parte del mio viaggio. E se c’è un senso in tutto questo – e non sono certo io a doverlo trovare – è che la vita non torna mai indietro, ma ogni tanto ti manda una cartolina. Una terrazza. Una foto. Un ragazzo che credeva in tutto. E che, in fondo, non ha mai smesso di crederci. Io vivo così. Da sempre. Fino alla fine. Perché la vita è bella, sì. Ma solo se hai il coraggio di ricordarla. E di onorarla. Luigi Palamara Tutti i diritti riservati #luigipalamara #palamaraluigi #luispal #luipal #lupa #aspromonte #roccafortedelgreco #angelina #peppino ♬ Forse - Pupo
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