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Il metaverso di Occhiuto: tra dimissioni, vittimismo e realtà parallele

Il metaverso di Occhiuto: tra dimissioni, vittimismo e realtà parallele

Editoriale di Luigi Palamara


La una scena ricorrente nel teatro politico calabrese che non smette mai di lasciare sgomenti è: il potere che si traveste da vittima. L’ultima, grottesca rappresentazione è quella offerta da Roberto Occhiuto, presidente dimissionario – sulla carta – ma ancora aggrappato alla ribalta con la disperazione di chi non accetta il sipario che cala.

Ho firmato la lettera di dimissioni.
Oppositori, sciacalli e odiatori hanno tifato continuamente per il fallimento della Calabria, e non solo per bloccare me. Adesso sceglieranno i calabresi se il nostro lavoro dovrà proseguire o meno.
Continuerò personalmente e insieme alla mia Giunta – così come prevede l’articolo 33 dello Statuto – a prendermi cura della Regione fino al giorno delle elezioni.
Voglio bene ai calabresi che hanno creduto in me. Ho lavorato e continuerò a farlo anche per quelli che non ci hanno creduto.
Viva chi ama la Calabria ❤️”

Parole che grondano pathos, retorica a buon mercato, ma zero senso del limite. Ciò che Occhiuto definisce “prendersi cura” della Calabria, altri lo chiamano conservazione del potere. Una finta uscita di scena con tanto di biglietto di ritorno. Dimissioni con lo zainetto pronto per ricandidarsi il giorno dopo. Il tutto mentre un avviso di garanzia – che non è un dettaglio, ma una frattura – incombe sul capo del presidente come una nuvola carica di responsabilità.

Eppure continua, ancora, la farsa. Un vittimismo che ha davvero stufato. Diteglielo voi, che gli siete amici, che non sarà una candidatura paventata a ridargli verginità politica. Non cancellerà le inchieste, né il dubbio – assai più corrosivo – che la sua gestione sia stata una gigantesca operazione di facciata, più attenta alla propaganda che alla sostanza.

Perché, mentre lui scrive “Viva chi ama la Calabria ❤️”, la Calabria aspetta risposte. Vere. Concrete. E non certo i soliti comizi camuffati da post social, da conferenze stampa teatrali o da lettere strappalacrime. Non serve l’amore dichiarato: serve la competenza. E soprattutto serve il silenzio dignitoso di chi, davanti a un’indagine, riflette. Invece Occhiuto parla. Parla troppo. Parla sempre.

Un presidente chiacchierone. Uno che confonde la comunicazione con il comando, la visibilità con la legittimità. Uno che ha perso – o forse non ha mai avuto – la lucidità necessaria per capire quando il momento di fare un passo indietro coincide col momento di salvare la propria credibilità.

Per favore: fatelo stare zitto. Aiutatelo a riflettere. Perché così com’è, non si rende conto di cosa sta davvero facendo. Non si accorge che il consenso non allontana gli avvisi di garanzia, né blocca gli iter giudiziari.
La dura lex, sed lex. Lo dicevano i Romani e lo sapevano i grandi statisti. Non si tratta di essere garantisti o giustizialisti. Si tratta di onestà intellettuale.

E invece Occhiuto si muove in un metaverso tutto suo. Un mondo parallelo in cui lui è ancora il protagonista amato, perseguitato, incompreso. Ma questo non è un romanzo di Dostoevskij, è la Calabria del 2025, una terra esausta che non ha più tempo da perdere.

Quindi, se c'è un senso nella parola “dimissioni”, lo si dimostri con i fatti. Si taccia, si lasci lavorare la giustizia, e si restituisca dignità alla carica istituzionale. Non per eroismo. Ma per rispetto. Verso i calabresi. Verso la verità. E verso la politica, quella vera.

Luigi Palamara
Reggio Calabria, 4 agosto 2025 – Tutti i diritti riservati

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