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La solitudine orgogliosa di chi fa sul serio il giornalista

La solitudine orgogliosa di chi fa sul serio il giornalista

Editoriale di Luigi Palamara


A volte arriva inaspettato un istante, raro, in cui una frase ti colpisce più di cento critiche. «Sei nato giornalista e con personalità da vendere. È la tua strada, non mollare». Me l’ha detta un artista che a Reggio Calabria in Italia e all'estero conoscono tutti. Uno che non ha bisogno di lecchini né di salotti per esistere.

L’ho presa e messa in tasca come si fa con una lama ben affilata. Non per difendermi, ma per ricordarmi che la verità la riconoscono solo quelli che hanno imparato a guardare dritto.

A chi mi riempie di consigli non richiesti – e non parlo di suggerimenti gentili, ma di quelle prediche infarcite di “se fossi in te” – rispondo così: io non sono voi, e non voglio diventarlo. Non mi monto la testa, me la tengo lucida. La testa serve per pensare, non per gonfiarsi.

Grazie, Andrea. Oggi la solitudine di questo mestiere pesa meno. Perché chi fa davvero il giornalista – e non il giullare o il burocrate della notizia – sa che questo è un lavoro dove, alla fine, resti solo. Solo con le tue parole, le tue domande, e la tua coscienza. Ma oggi, almeno per oggi, so che non sto parlando nel vuoto.

Luigi Palamara Tutti i diritti riservati Reggio Calabria 11 agosto 2025

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