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POLSI. IL GIORNO IN CUI SI RECIDONO LE RADICI

POLSI. IL GIORNO IN CUI SI RECIDONO LE RADICI

La lenta eutanasia di un luogo che è anima e identità di un popolo

L’Editoriale di Luigi Palamara


Ci sono luoghi che non si raccontano: si vivono.
Non basta un libro, non bastano le parole.
Bisogna esserci stati almeno una volta nella vita.

Polsi è così.
Una volta che ci vai, non te lo togli più dal sangue.
Ti entra nei polmoni come l’odore della legna bruciata e ti resta tatuato nel cuore.
Sul sagrato la tarantella sale come un fiume, le zampogne accompagnano il vociare della gente, e ogni volto, anche sconosciuto, ti sembra di famiglia.

I luoghi sono nulla senza l’anima di chi li ha vissuti o attraversati.
E Polsi, per chi è nato in Aspromonte, è il cuore.

È la vita.
Non esiste aspromontano che non abbia onorato, almeno una volta, la Madonna della Montagna.
Il motivo non conta: può essere fede, promessa, o semplice tradizione.
Ciò che importa è esserci stati e portare quel ricordo dentro per sempre.
Perché Lei, la Madonna, è il rifugio a cui affidiamo vita, speranze e dolori.

Tra le mani mi ritrovo vecchie fotografie:
Roccaforte del Greco, una chiesa grande, cuore di pietra che la montagna stringe in un abbraccio antico.
Cinquant’anni di matrimonio dei miei genitori, Angelina e Peppino.
Una messa.
Gente del posto.
Aria buona, che sa di pane e di legna.
Era felicità. Quella vera. Quella che nasce dalle radici e non si compra.

Oggi penso a Polsi.
Il Santuario è chiuso.
Decisione delle Autorità: “Inagibile”.
Forse è vero. Ma l’inagibilità non è disgrazia piovuta dal cielo.
È opera dell’uomo.

Polsi non è un edificio. Non è solo fede.
È un albero.
Le radici sono la storia e l’identità di un popolo.
Reciderle significa condannarlo a morte.

San Luca, di cui Polsi è simbolo, è ricordato dalle cronache per le faide e dimenticato per la sua gente onesta.

La Madonna della Montagna è lì.
La montagna non fugge.
Il montanaro aspetta il momento giusto per salire.
Il pellegrino, se può, va.
Se non può, resta nei paesi vicini: beve un bicchiere di vino, mangia pane e formaggio, balla la tarantella, dorme anche per terra.
E torna a casa migliore. Questo è il pellegrinaggio.

Chiudere Polsi oggi può essere necessario.
Lasciarlo chiuso domani sarebbe un crimine.
E nei crimini, ricordiamolo, la colpa non è mai della montagna.
La colpa è sempre degli uomini che hanno deciso di dimenticarla.
E io, se succederà, non avrò bisogno di giudici per sapere chi sono.

Luigi Palamara – Tutti i diritti riservati

#polsi #sanluca
#aspromonte #roccafortedelgreco #luigipalamara

@luigi.palamara POLSI. IL GIORNO IN CUI SI RECIDONO LE RADICI La lenta eutanasia di un luogo che è anima e identità di un popolo L’Editoriale di Luigi Palamara Ci sono luoghi che non si raccontano: si vivono. Non basta un libro, non bastano le parole. Bisogna esserci stati almeno una volta nella vita. Polsi è così. Una volta che ci vai, non te lo togli più dal sangue. Ti entra nei polmoni come l’odore della legna bruciata e ti resta tatuato nel cuore. Sul sagrato la tarantella sale come un fiume, le zampogne accompagnano il vociare della gente, e ogni volto, anche sconosciuto, ti sembra di famiglia. I luoghi sono nulla senza l’anima di chi li ha vissuti o attraversati. E Polsi, per chi è nato in Aspromonte, è il cuore. È la vita. Non esiste aspromontano che non abbia onorato, almeno una volta, la Madonna della Montagna. Il motivo non conta: può essere fede, promessa, o semplice tradizione. Ciò che importa è esserci stati e portare quel ricordo dentro per sempre. Perché Lei, la Madonna, è il rifugio a cui affidiamo vita, speranze e dolori. Tra le mani mi ritrovo vecchie fotografie: Roccaforte del Greco, una chiesa grande, cuore di pietra che la montagna stringe in un abbraccio antico. Cinquant’anni di matrimonio dei miei genitori, Angelina e Peppino. Una messa. Gente del posto. Aria buona, che sa di pane e di legna. Era felicità. Quella vera. Quella che nasce dalle radici e non si compra. Oggi penso a Polsi. Il Santuario è chiuso. Decisione delle Autorità: “Inagibile”. Forse è vero. Ma l’inagibilità non è disgrazia piovuta dal cielo. È opera dell’uomo. Polsi non è un edificio. Non è solo fede. È un albero. Le radici sono la storia e l’identità di un popolo. Reciderle significa condannarlo a morte. San Luca, di cui Polsi è simbolo, è ricordato dalle cronache per le faide e dimenticato per la sua gente onesta. La Madonna della Montagna è lì. La montagna non fugge. Il montanaro aspetta il momento giusto per salire. Il pellegrino, se può, va. Se non può, resta nei paesi vicini: beve un bicchiere di vino, mangia pane e formaggio, balla la tarantella, dorme anche per terra. E torna a casa migliore. Questo è il pellegrinaggio. Chiudere Polsi oggi può essere necessario. Lasciarlo chiuso domani sarebbe un crimine. E nei crimini, ricordiamolo, la colpa non è mai della montagna. La colpa è sempre degli uomini che hanno deciso di dimenticarla. E io, se succederà, non avrò bisogno di giudici per sapere chi sono. Luigi Palamara – Tutti i diritti riservati #polsi #sanluca #aspromonte #roccafortedelgreco #luigipalamara ♬ suono originale - Luigi Palamara

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