Scrivere come dipingere: l’arte di lasciare una traccia
Editoriale di Luigi Palamara
C’è chi scrive per dovere, chi per mestiere, chi per esibizione. E poi c’è chi scrive come si dipinge. Non per mostrarsi, ma per esprimere. Non per occupare spazio, ma per creare senso. Scrivere, per alcuni, non è solo mettere in fila parole. È un atto viscerale, una necessità dell’anima, un gesto artistico.
Come il pittore stende i suoi colori su una tela bianca, così l’autore poggia parole su un foglio immacolato. L’inchiostro prende il posto dell’olio, la frase della pennellata. Gli schizzi iniziali – confusi, istintivi – diventano visione. A volte si interrompe, si contempla, si lascia decantare. Poi si riparte. Di getto. Di cuore.
Alla fine, quel che resta è un’opera. Con le sue imperfezioni, i suoi eccessi, persino le sbavature. Quelle gocce di colore o di senso cadute per caso eppure piene di verità. Non un oggetto da conservare, ma un’eco da ascoltare. Un frammento di sé da condividere.
È questa la vera bellezza dell’atto creativo: l’effetto che produce in chi guarda o in chi legge. La traccia che lascia. L’interiorità che smuove. Non la perfezione, ma l’autenticità. Non il compiacimento, ma la comunicazione.
In un mondo saturo di rumore e parole vuote, scrivere come si dipinge è un gesto rivoluzionario. È un modo per dire: “Io ci sono stato. E ho provato a dire qualcosa di vero.”
E questo, forse, è già felicità.
Ecco perché mi firmo Giornalista e Pittore.
Luigi Palamara Tutti i diritti riservati
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