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"Parranu intra ‘nu bumbulu!" – Ovvero, l’arte politica spiegata da un calabrese libero (forse troppo)

"Parranu intra ‘nu bumbulu!" – Ovvero, l’arte politica spiegata da un calabrese libero (forse troppo)

di Luigi Palamara (o quasi)

Signore e signori, silenzio in sala!
Sta per parlare l’oratore, l’uomo che ha deciso di sacrificare la propria disponibilità sull’altare del bene comune. Uno che non si candida per sé, nooo... ma solo per la città!
Una volta sola, eh!
Perché mica si può rovinare la reputazione due volte: i limiti del danno sono chiari!

Lui ha uno studio che lo ha impegnato tantissimo, poverino, quasi quanto uno stage non retribuito nel regno delle promesse elettorali.
Ma ora ha deciso: “Lo faccio per la città!”
E come si fa a dire di no a un’offerta del genere?
È come se ti regalassero un cinghiale vivo a Natale: che fai, lo rifiuti?

Poi, lui è democratico. Anzi, iper-democratico.
“Liberamente, ognuno scelga!” dice.
Che generosità, che cuore!
A momenti vi invita pure a non votarlo, pur di essere imparziale.
E aggiunge, con modestia biblica: “Noi siamo un gruppo!”.
Ma quale gruppo? È un’orchestra intera, solo che suona da solo e dirige pure.

La libertà! La libertà!

A un certo punto entra la filosofia. Attenzione, eh, che ora si vola!
“La cosa più bella del mondo è la libertà!”
Altro che la Nutella, altro che le ferie pagate, altro che la democrazia svedese!
No, qui si parla della libertà vera, quella che ti permette di parlare senza offendere.
Tranne se sei tu a farlo.
E se qualcuno ti risponde, allora è censura, dittatura, nord coreanizzazione dell’anima!

E poi il momento epico:
“Parlanu intra ‘nu bumbulu.”
E che vuol dire? Boh!
Ma è bellissimo, ha il suono di una profezia di Nostradamus letta in un’osteria di Reggio Calabria alle tre del mattino.

Calabria vs Milano: l’eterno duello

E arriviamo all’apoteosi sanitaria.
A Milano i medici sono bravi, dicono.
Ma vuoi mettere con i calabresi?
Anzi, attenzione, il 90% dei medici di Milano è calabrese.
Il restante 10% probabilmente viene da Saturno, ma questo non ci è dato saperlo.

E con un colpo di teatro degno di Shakespeare travestito da Totò, chiude con un ringraziamento che è un’ode, una ballata, un brindisi alla libertà e al dialetto:
“Viva la Calabria, viva il dialetto calabrese che ci fa riconoscere le nostre origini culturali da 2700 anni!”

?…

Che dire?
Un discorso che è come la ‘nduja: piccante, confuso, appiccicoso, ma assolutamente autentico.
Un inno alla libertà personale, alla sanità meridionale, e al diritto sacrosanto di parlare come ti pare…
…anche "intra ‘nu bumbulu".

E allora sì, viva la Calabria, viva la libertà, viva le candidature “una volta sola” e viva soprattutto la gente che parla…
…anche quando sarebbe meglio stare zitti.

La Satira di Carta Straccia .News

Luigi Palamara 
Tutti I diritti riservati 

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