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Calabria: se non ora, quando? Tutti si aspettano Giuseppe Falcomatà

Calabria: se non ora, quando?
Tutti si aspettano Giuseppe Falcomatà

Editoriale di Luigi Palamara


Sarà un agosto rovente, e non solo per le temperature. Tra le trombe marine che agitano lo Stretto di Scilla e Bagnara e quelle – ben più inquietanti – che scuotono la politica calabrese, l’estate si trasforma in un banco di prova. Per alcuni, una disfatta annunciata. Per altri, forse, un’occasione irripetibile.

Il centrodestra affonda sotto il peso delle proprie maschere. L’avviso di garanzia a Roberto Occhiuto è l’ennesimo campanello d’allarme. Le dimissioni farsa accompagnate da un’autocandidatura sbandierata ai quattro venti non sono altro che un esercizio di narcisismo politico. C’è chi la chiama “la mossa del cavallo”. A noi sembra piuttosto quella dell’asino, lanciato al trotto contro un muro di realtà.

Ma lasciamolo cuocere nel suo brodo, Occhiuto. Che non è nemmeno un consommé: è acqua torbida. Le sue “genialate” – così le definiscono gli adulatori – sono fuochi fatui che non illuminano nulla, se non la sua inconsistenza politica, ogni giorno più palese.

In questo deserto, il centrosinistra ha un’occasione. E, attenzione, non capita spesso in Calabria. Ma deve muoversi. Deve scegliere. Deve smettere di balbettare e tentennare come un pugile suonato. Perché la partita si può vincere, ma solo con l’uomo giusto.

Giuseppe Falcomatà è l’uomo giusto.

Reggino, figlio d’arte, sindaco da oltre dieci anni. Un politico con la schiena dritta e il volto pulito. Ha risanato i bilanci di una città storicamente dissanguata. Ha restituito dignità a Reggio Calabria – non con proclami, ma con pazienza, lavoro e garbo istituzionale. È stato sospeso, ha atteso. È stato assolto, non ha esultato. Ha taciuto, mentre altri avrebbero urlato vendetta o trionfo.

Questo, nel Meridione delle vanterie e delle clientele, è un gesto raro. Quasi eroico. Ecco cosa manca oggi in Calabria: stile, rigore, trasparenza. Tutto ciò che in Falcomatà non è uno slogan, ma sostanza.

Al confronto, Occhiuto pare una caricatura. Una tromba marina, sì, ma impazzita. Una tempesta senza rotta, che distrugge ma non costruisce. Uno spettacolo grottesco che farebbe ridere, se non facesse piangere.

E allora? Cosa aspetta il centrosinistra?

Siamo nel pieno di trattative febbrili, nel solito teatro dei veti e dei capibastone. Ma non c’è tempo per i balletti. Basta con le liturgie autoreferenziali. Serve una decisione netta, unitaria, rapida. E c’è un solo nome che possa rappresentare davvero una speranza: Giuseppe Falcomatà.

Chi non lo capisce, chi tergiversa, chi attende “altri segnali”, è colpevole. E lo sarà due volte: prima per aver perso, poi per aver fatto perdere coscientemente una regione che non può più permettersi altri fallimenti.

La scelta è chiara. Ora tocca a chi deve decidere dimostrare di essere all’altezza. Altrimenti sarà l’ennesima occasione buttata nel mare. E le trombe marine, stavolta, saranno l’annuncio funebre di un’altra sconfitta annunciata.

Luigi Palamara Tutti I diritti riservati

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